Previste manifestazioni in oltre 40 città italiane per chiedere rinnovi contrattuali adeguati all’aumento del costo della vita, un piano assunzioni straordinario per frenare l’emorragia di personale, la stabilizzazione di tutti i precari, investimenti e rilancio dei servizi pubblici e misure per i neoassunti della PA spesso costretti a spostarsi centinaia di chilometri dal luogo di residenza
Disagi in vista giovedì 31 ottobre a causa dello sciopero generale del pubblico impiego, i settori più colpiti saranno scuola, uffici pubblici e sanità. I sindacati scendono in piazza contro la Manovra 2025 collegata alla Legge Finanziaria che colpisce enti locali, sanità, scuola e pensioni. A fermarsi sono prima di tutto i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego. Lo sciopero per il personale giornaliero o amministrativo è per l’intera giornata. Per il personale turnista, invece, da inizio turno del 31 ottobre a fine dell’ultimo turno della stessa giornata. Lo sciopero è contro l’aumento bollato come “umiliante” di appena lo 0,22 % sulle risorse già stanziate per il rinnovo dei Ccnl, ovvero 6 euro medi lordi mensili in più, per il ripristino del blocco del turn over al 75% e contro i tagli che si abbatteranno su ministeri, enti locali, scuola, università e ricerca e la mancata risposta alla fuga del personale sanitario dagli ospedali pubblici.
Polemica dopo le parole del ministro Zangrillo
Dopo le parole del ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, che ha affermato che non siamo in un mondo ideale, lo sciopero è stato indetto per chiedere rinnovi contrattuali almeno adeguati all’aumento del costo della vita, un piano assunzioni straordinario per frenare l’emorragia di personale verificatasi in questi decenni, la stabilizzazione di tutti i precari, investimenti e rilancio dei servizi pubblici e misure per i neoassunti della PA spesso costretti a spostarsi centinaia di chilometri dal luogo di residenza. A rischio quindi anche i vari servizi di Inps, Agenzia delle entrate, Camere di commercio e altri uffici pubblici, così come raccolta rifiuti e altro. Si salvano, almeno per quanto si sa finora, i trasporti (oggi a Roma ricordiamo che è in corso lo sciopero dell’intera rete Atac).
Sciopero comparto sanità
Anche la sanità è in sciopero, anticipo della manifestazione nazionale del prossimo 20 novembre. Il 31 ottobre dunque servizi sanitari, come esami e visite ambulatoriali, e servizi amministrativi, come prenotazione esami, accettazione ecc, anche affidati a ditte esterne, potrebbero non essere garantiti. Come previsto dalla normativa vigente, saranno comunque assicurati tutti i servizi minimi essenziali previsti per il settore della sanità e sarà data priorità alle emergenze e alla cura dei malati più gravi e non dimissibili.
I servizi pubblici sempre garantiti in caso di sciopero
I servizi minimi essenziali garantiti in caso di sciopero generale comprendono:
- pronto soccorso e servizi afferenti legati a problematiche non-differibili della salute dei cittadini ricoverati (turni dei reparti) e non. Di conseguenza anche il personale tecnico per la preparazione dei pasti e degli altri servizi di base
- servizi di assistenza domiciliare
- attività di prevenzione urgente (alimenti, bevande, ecc)
- vigilanza veterinaria
- protezione civile
- attività connesse funzionalità centrali termoidrauliche e impianti tecnologici.
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Il comparto istruzione e ricerca
Sciopero anche del comparto Istruzione e Ricerca. Incroceranno le braccia le lavoratrici e i lavoratori della scuola, dell’università, degli enti di ricerca, delle accademie, dei conservatori e delle scuole non statali con contratto Aninsei. Un contratto giusto ed un lavoro stabile sono tra le principali motivazioni alla base della protesta, rafforzate dalla lettura della Legge di Bilancio presentata ieri dal Governo. Una manovra finanziata con i tagli a tutti i settori della Conoscenza. Nessuna risorsa aggiuntiva sul Contratto, a fronte di un’inflazione al 18% che nell’ultimo triennio ha eroso il potere d’acquisto dei salari, ma solo tagli lineari. Uno del 5% che riduce il turn over per l’Università e la Ricerca e un taglio secco per la scuola di ben 5660 docenti e 2174 ATA. Tagli che vanno ad aggiungersi alle emergenze della scuola, tra cui il precariato: un lavoratore su quattro fra ATA e docenti non ha un contratto stabile con grosso danno per la didattica oltre che alle vite di lavoratrici e lavoratori.