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Omicidio Cecchettin, Turetta ammette premeditazione. Papà di Giulia: "Ora sappiamo chi è"

Cronaca
Ansa/Ipa

L'assassino reo confesso della ragazza di Vigonovo è apparso per la prima volta in tribunale davanti alla corte d’Assise di Venezia, per la seconda udienza del procedimento per l’omicidio dell’11 novembre 2023. L'imputato: "Volevo rapirla e ucciderla". Già dal 7 ha iniziato a scrivere appunti su ciò che stava progettando. "Ero confuso, volevo stare ancora assieme a lei. Mi sento in colpa, ridicolo chiedere scusa". Presente Gino Cecchettin: "Abbiamo capito chi è". Assente la sorella Elena: "Da 11 mesi ho incubi"

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Filippo Turetta ha ammesso la premeditazione nell'omicidio di Giulia Cecchettin. A Venezia si è svolta oggi la seconda udienza del processo per il femminicidio, dedicata interamente all'interrogatorio dell'imputato e durata quasi sei ore e mezza. Nell’aula del tribunale, per la prima volta, c'era anche l'assassino reo confesso della ragazza di Vigonovo. Non era mai uscito dal carcere - è rinchiuso da quasi un anno a Verona - dopo l'arresto avvenuto in Germania il 19 novembre 2023. Scortato dalla polizia penitenziaria, è arrivato in aula vestito con pantaloni neri e una felpa grigia con cappuccio, in mano una cartellina con alcuni documenti. Ha esordito con risposte incerte, sguardo basso, con frasi brevi. È sembrato confuso e ha tenuto lontano lo sguardo dai banchi e dal pubblico. "Voglio raccontare tutto quello che è successo", ha detto davanti alla corte d’Assise. Ha depositato uno scritto di circa 40 pagine, memorie per "mettere per iscritto le cose che mi venivano in mente, alcune cose non me la sentivo di descriverle sul momento". Il presidente Stefano Manduzio ha poi annullato l'udienza del 28 ottobre, essendo stato esaurito l'interrogatorio di Turetta da parte del pm, delle parti civili e della difesa. Come da calendario, invece, il 25 e 26 novembre ci sarà il dibattito per andare, dopo eventuali repliche, al 3 dicembre per la sentenza.

Turetta: "Ho pensato di rapire Giulia e di toglierle la vita"

"Ho pensato di rapirla, e anche di toglierle la vita, ero confuso, io volevo stare ancora assieme a lei". Così ha risposto Filippo Turetta alle prime domande del pm Andrea Petroni, in avvio di udienza. "Ero arrabbiato, era un bruttissimo periodo, volevo tornare assieme a lei e per quello ho ipotizzato questo piano per quella sera". Il pm gli ha quindi chiesto quando avesse iniziato a scrivere appunti su quello che stava progettando: "Ho iniziato a farlo il 7 novembre 2023, perchè ho cominciato a pensare, avevo tanti pensieri sbagliati". L'omicidio della studentessa avvenne tre giorni dopo, l'11 novembre. Turetta ha quindi spiegato di aver scritto la memoria depositata oggi al processo e le lettere precedenti "in più volte nel tempo, ricostruendo quanto era accaduto, per mettere ordine. Ho cominciato a febbraio-marzo, e ho proseguito tutta l'estate, fino a questi giorni. Prima ho scritto di getto, poi ho riletto e messo in ordine quelle parti che di getto non avrei potuto scrivere".

Turetta ammette la premeditazione: "Ho detto bugie"

Turetta ha ammesso in aula di aver detto "una serie di bugie" nel primo interrogatorio con il pm Andrea Petroni. Oggi, anche alla luce dei memoriali fatti avere alle parti, ha dunque ammesso di aver premeditato l'omicidio di Giulia Cecchettin così come gli viene contestato dalla procura. Turetta ha ammesso che da alcuni giorni precedenti il delitto aveva stilato la famosa "lista delle cose da fare", compreso prelevare contante con il bancomat, da gettare per far perdere le proprie tracce, così come aveva studiato in internet come evitare che la propria auto fosse individuata durante la fuga. Nel primo interrogatorio davanti agli inquirenti, Turetta aveva affermato che lo scotch era stato acquistato per "appendere manifesti", i coltelli perché "pensava di suicidarsi". Dalle ammissioni ora emerge la conferma delle tesi di accusa secondo cui lo scotch serviva per legare Giulia e che i coltelli erano stati messi in auto ben prima dell'11 novembre, giorno del delitto. Di fatto, è emerso che tutta la vicenda è supportata - come da indagine - da una serie di atti preparatori, alcuni dei quali non messi in atto all'ultimo momento, ad esempio l'acquisto di altro materiale.

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Turetta: "Comprai 2 coltelli per sentirmi più sicuro"

"Nella lista scrissi che avevo bisogno di due coltelli per avere più sicurezza". Tra lunghe pause e con fatica, Turetta ha risposto alle domande del pm sulla lista di oggetti che comprò prima del sequestro e dell'omicidio. "Perché ho comprato un badile? Non so, non mi ricordo tanto, potrebbe essere per occultare il corpo". E sempre sull'elenco, ha aggiunto: "Pensando al fatto che fosse un bruttissimo periodo, ho iniziato a scrivere questa lista per sfogarmi, questa cosa mi tranquillizzava. In un certo senso pensavo che le cose potessero cambiare".

Turetta piange in aula 

Il pm Petroni cerca di formulare le domande in modo semplice e diretto, incalzando il giovane che, nonostante le memorie messe agli atti, balbetta, tentenna, risponde con dei "non ricordo" anche di fronte all'evidenza di immagini e oggetti, ogni tanto con voce strozzata. Durante una breve pausa, ha parlato Nicodemo Gentile, avvocato di parte civile per Elena Cecchettin, sorella di Giulia, dicendo che Turetta "ha punito Giulia perché non voleva tornare con lui. È un omicidio premeditato, dove un uomo senza empatia ha colpito". Poi Turetta ha pianto dicendo: "È difficile in questo momento. Volevo tornare assieme a lei, soffrivo molto e provavo risentimento verso di lei. Avevo rabbia perché soffrivo di questa cosa, e questo mi ha sconvolto. Volevo che il nostro destino fosse lo stesso per entrambi. In macchina abbiamo litigato perché volevo tornare insieme, così come avevo fatto nei giorni precedenti, anche in chat".

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Turetta: "Lei scappava, urlava e l'ho colpita ancora"

Nella ricostruzione dell'omicidio, Turetta ha spiegato che Giulia stava scappando, "forse l'avevo colpita in auto, su una coscia, non ricordo, poi non so se è caduta o l'ho fatta cadere a terra. Lei urlava e l'ho colpita ancora". L'imputato ha descritto quanto avvenne tra Vigonovo a Fossò, quando mentre tentava di imbavagliare Giulia per non farla urlare lei riuscì ad aprire la portiera dell'auto. Vicino a casa della ragazza a Vigonovo aveva impugnato uno dei coltelli, "poi mi sono trovato in mano solo il manico. Non ricordo, forse l'ho colpita, poi l'ho caricata in macchina". E sempre a Vigonovo Turetta aveva tolto il cellulare a Giulia. "Penso di averlo preso io era nella borsetta che le avevo tolto per impedire che lo usasse". Poi l'ex fidanzato ha ricostruito le fasi finali dell'omicidio. "Volevo colpirla al collo per non farla soffrire, lei alzava le mani per difendersi, e allora ho tentato di colpirla più velocemente possibile da altre parti". Nel corso dell'udienza è anche emerso che nei giorni precedenti l'omicidio, in una gelateria di Padova, Turetta aveva avuto un pesante scontro verbale perché voleva tornare insieme a lei, e di averle dato uno schiaffo a una coscia: "Lei si lamentava sempre perché ero assillante". Nell'udienza ha anche risposto sul particolare del telefonino di Giulia Cecchettin: "In macchina avevo preso il suo cellulare per allontanarlo da lei, per spegnerlo insomma. Poi, dopo Fossò, l'ho buttato dal finestrino, assieme al coltello, mi pare in un fossato, un piccolo canale che circonda un terreno, ma non ricordo con precisione dove. Stavo guidando e non ricordo bene, ho gettato questi due oggetti, in un fossato, mentre ero su una strada secondaria".

Turetta: "Mi sento in colpa, ridicolo chiedere scusa"

"Non penso al mio futuro, l'unica cosa a cui penso è che sia giusto affrontare questo ed espiare la colpa per quel che ho fatto. Mi sento in colpa a pensare al futuro, di lei che non c'è più", ha detto Turetta. "Non so perché non ho chiesto scusa ma penso che sia ridicolo e fuori luogo, vista la grave ingiustizia che ho commesso. Sarebbe ridicolo dare semplici scuse per qualcosa di inaccettabile. Potrebbero solamente creare ulteriore dolore per le persone che già provano dolore per quel che è successo. Vorrei evitarle e sparire". 

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In aula anche Gino Cecchettin

Anche Gino Cecchettin, il papà di Giulia, è stato presente in aula per l’udienza. Il padre della vittima aveva presenziato anche all'udienza di apertura del dibattimento e c'era incertezza sul fatto che potesse intervenire alle successive udienze. Per la prima volta dopo l’assassinio, avvenuto l'11 novembre 2023, e la cattura di Turetta in Germania, il padre di Giulia ha potuto guardare in faccia il giovane accusato dell'omicidio della figlia. "Il momento più doloroso è stato sapere cosa ha attraversato mia figlia negli ultimi momenti della sua vita. Ma non è questo il punto del processo, il punto è che abbiamo capito chi è Filippo Turetta", ha detto Gino Cecchettin. "Adesso il suo avvocato vuole capirne di più, ma per me è chiarissimo. Quello che emerge oggi è che la vita del prossimo è una cosa sacra, e non bisogna entrare nel merito della vita degli altri".

Elena Cecchettin non era in aula

Questa mattina Elena Cecchettin, sorella di Giulia, ha spiegato con alcune storie su Instagram che oggi non sarebbe stata presente in aula. “Non per disinteresse ma per prendermi cura di me stessa. Sono più di 11 mesi che continuo ad avere incubi, il mio sonno è inesistente o irrequieto. La mia salute mentale e fisica ne hanno risentito. Ho perso il conto delle visite mediche che ho dovuto fare nell’ultimo anno. Seguirò a distanza anche tramite i miei legali, tuttavia non parteciperò. Sarebbe per me una fonte di stress enorme e dovrei rivivere nuovamente tutto quello che ho provato. Semplicemente non ne sono in grado”. Ieri invece aveva dedicato alla sorella alcune storie corredate da alcune fotografie inedite che le ritraggono insieme, in momenti diversi della loro vita. E il messaggio: "Piccolina, non sai quanto vorrei che mi dicessi che corri a casa ora. Mi manchi tanto".

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