Femminicidio Cecchettin, Nicola Turetta: "Mi dispiace per le frasi del colloquio"

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Il padre di Filippo Turetta, in carcere per l'omicidio di Giulia Cecchettin, torna sul colloquio intercettato e pubblicato sui giornali con un'intervista al Corriere della Sera: "Mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Temevo mio figlio si suicidasse"

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"Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse”. Così Nicola Turetta, il padre di Filippo accusato dell’omicidio di Giulia Cecchettin, ha risposto alle domande del Corriere della Sera circa il colloquio intercettato nel carcere di Montorio Veronese dove il figlio è detenuto, colloquio poi pubblicato dal tabloid Giallo e poi ripreso da altre testate. “Quegli instanti per noi erano devastanti”, continua Nicola Turetta. “Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi". Nel frattempo, Carlo Bartoli, presidente dell'Ordine dei giornalisti ha contestato la diffusione dei colloqui: "Il dovere del giornalista è distinguere cosa è essenziale per la comprensione dei fatti da ciò che è pura e semplice incursione nel dramma di genitori di fronte a un figlio che ha commesso un crimine terribile", ha detto.

Il colloquio divulgato

L’incontro in carcere risale al 3 dicembre 2023, quando Nicola Turetta e la moglie Elisabetta Martin vedevano per la prima volta, dopo l'omicidio e la fuga in Germania, il figlio reo-confesso. “Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Non sei un terrorista. Devi farti forza. Non sei l'unico. Ci sono stati parecchi altri. Però ti devi laureare..”, queste le frasi rivolte a Filippo dal padre, intercettate e contenute nel fascicolo processuale. La divulgazione di queste parole è diventato un nuovo macigno da sopportare per la famiglia Turetta.

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"C'erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni”, spiega il padre del 22enne al Corriere. “Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio. Sto malissimo. Sono uscito di casa per non preoccupare ulteriormente mia moglie e l'altro mio figlio. Ora si trovano ad affrontare una gogna mediatica dopo quel colloquio pubblicato dai giornali. Io ed Elisabetta avevamo appena trovato la forza di tornare al lavoro”. Quelle pronunciate il 3 dicembre, quindi, erano solo le parole di un “padre disperato”. Nicola Turetta arriva anche a scusarsi: “Certe cose non si dicono nemmeno per scherzo, lo so. Ma in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si suicidasse. Gli ho detto 'ti devi laureare', non perché mi interessasse, o perché sperassi in un futuro fuori dal carcere per lui, ma solamente per tenerlo impegnato e non fargli pensare al suicidio. È logico che non se ne farà niente di quella laurea, dovrà giustamente scontare la sua pena per quello che ha fatto”. Ora Filippo, secondo quanto riportato nell’intervista, ha una maggiore comprensione di quanto accaduto e ha volontà di scontare la pena. “Non pronuncerei più quelle parole, ma era un tentativo disperato di evitare un gesto inconsueto. Mi dispiace davvero tanto. Provo vergogna per quelle frasi, non le ho mai pensate", ha concluso Nicola Turetta.

Ordine dei Giornalisti: "Nessun interesse pubblico nel colloquio di Turetta"

"Il dovere del giornalista è distinguere cosa è essenziale per la comprensione dei fatti da ciò che è pura e semplice incursione nel dramma di genitori di fronte a un figlio che ha commesso un crimine terribile. Un dramma umano, quello del padre e della madre, che va rispettato". A dichiararlo è stato Carlo Bartoli, presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti, a proposito della diffusione delle intercettazioni tra il padre e Filippo Turetta. "Non è in gioco la terzietà del giudice, così come da quel colloquio non emerge alcun elemento rilevante per le indagini e, quindi, di interesse pubblico", ha detto Bartoli che ha poi aggiunto: "Serve rispetto per il dolore dei genitori di Turetta e rispetto per il rinnovato e atroce dolore dei familiari della vittima".

Aiga: "Grave la diffusione delle intercettazioni di Turetta"

"Pur ribadendo ancora una volta la vivida e più ferma condanna di qualsivoglia violenza nei confronti delle donne quanto accaduto va oltre il diritto di cronaca e rientra appieno in quel disdicevole fenomeno del processo mediatico e della spettacolarizzazione del dolore". A dirlo è il presidente nazionale dell'Aiga (Associazione giovani avvocati), Carlo Foglieni. "La diffusione delle intercettazioni del colloquio in carcere tra padre e figlio è dunque un fatto di una gravità inaudita che merita un necessario accertamento da parte delle competenti autorità", ha aggiunto Foglieni. L'Aiga "nel pieno rispetto della vittima e del dolore dei suoi cari, condanna fortemente quanto accaduto. Si tratta infatti di dichiarazioni prive di rilevanza processuale e la loro pubblicazione sembra avere come unico obiettivo quello di alimentare ancor di più la "morbosità" di chi è ad essa avvezzo, rischiando di esporre ad un concreto rischio la sicurezza dei genitori di Turetta, in ragione di un fomentato odio che ha fatto seguito a detta pubblicazione", ha concluso il presidente dell'Aiga.  

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