Omicidio Mollicone, chiesta la condanna per la famiglia Mottola

Cronaca
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Questa la decisione del procuratore generale Francesco Piantoni e del sostituto procuratore presso la Corte d'appello, Deborah Landolfi, dopo aver depositato la memoria conclusiva con cui poi, lunedì, termineranno la requisitoria nel processo d'appello per l'omicidio della giovane di Arce, in provincia di Frosinone, scomparsa da casa il primo giugno del 2001 e ritrovata senza vita dopo tre giorni

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Nel corso del processo d'appello per l'omicidio di Serena Mollicone l'accusa ha chiesto la condanna per il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, a 24 anni, per sua moglie Annamaria, a 22 anni, e per il figlio Marco, a 21 anni.  Questa la decisione del procuratore generale Francesco Piantoni e del sostituto procuratore presso la Corte d'appello, Deborah Landolfi, dopo aver depositato la memoria conclusiva con cui poi, lunedì, termineranno la requisitoria nel processo d'appello per l'omicidio della giovane di Arce, in provincia di Frosinone, scomparsa da casa il primo giugno del 2001 e ritrovata senza vita dopo tre giorni nel bosco di Fonte Cupa, nei pressi di località Anitrella di Monte San Giovanni Campano. Sempre nell’ambito del processo è stata chiesta l'assoluzione degli altri due imputati, ovvero i carabinieri Francesco Suprano, per prescrizione, e Vincenzo Quatrale, perché gli indizi non hanno raggiunto la consistenza di prova. Nel corso del processo di primo grado, gli imputati erano stati tutti assolti. 

La ricostruzione dei pm

Dunque, stando a quanto ricostruito dai pm, il giorno in cui sparì Serena entrò nella caserma dei carabinieri di Arce per poi recarsi nell'alloggio dei Mottola dove sarebbe nata una discussione, al culmine della quale la giovane avrebbe battuto la testa contro il montante di una porta perdendo i sensi. Nonostante la situazione ed invece che prestarle i soccorsi del caso, la famiglia Mottola l'avrebbe lasciata morire per poi lasciare il corpo senza vita nel bosco. I magistrati, tra l’altro, hanno anche chiesto alla procura di indagare per falso tre dei testimoni sentiti nel dibattimento dalla corte d'appello di Roma. Fra loro c’è Annarita Torriero, amica intima del brigadiere Santino Tuzi (poi morto suicida) che raccontò, per poi negare, di avere visto Serena in caserma il giorno della sua scomparsa. La donna, invece, ha affermato di non avere mai visto in caserma Serena Mollicone quel giorno. Stessa dinamica per Massimiliano Gemma, marito di Torriero, oltre che per Giampaolo Tomaselli collega del carrozziere Carmine Belli, processato per l'omicidio ed assolto al termine del primo processo.

 

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