Inchiesta Liguria, no a richiesta Toti di anticipare sua iscrizione nel registro indagati

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La Gip Paola Faggioni ha respinto la richiesta del governatore, ai domiciliari per corruzione dal 7 maggio, di anticipare la sua iscrizione nel registro degli indagati al 2020 o al massimo al 2021, invece che nel 2023. Se quest’atto tecnico fosse stato accolto, avrebbe di fatto reso inutilizzabili tutte le intercettazioni più recenti

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La Gip Paola Faggioni ha respinto la richiesta di Giovanni Toti di anticipare la sua iscrizione nel registro degli indagati. Il governatore, coinvolto nell’inchiesta Liguria e ai domiciliari per corruzione dal 7 maggio, aveva chiesto alla giudice di anticipare la sua iscrizione al 2020 o, in subordine, al massimo al 2021, invece che nel 2023. Il presidente aveva presentato quest’atto tecnico tramite il suo avvocato Stefano Savi in base alla riforma Cartabia: se fosse stato accolto, avrebbe di fatto reso inutilizzabili tutte le intercettazioni più recenti. La giudice ha respinto l’istanza, spiegando che il procedimento è stato iscritto prima dell'entrata in vigore della riforma dell'ordinamento giudiziario e quindi non sarebbe applicabile.

Il no della Gip

La Gip ha anche ricordato che il nuovo comma 1 bis dell'art. 335 del codice di procedura penale prevede che il pubblico ministero deve provvedere all'iscrizione del nome della persona a cui è attribuito il reato soltanto allorquando risultino “indizi a suo carico e non meri sospetti”. Infine, ha sottolineato ancora la Gip, "non si può fare a meno di precisare che l'iscrizione del nominativo di una persona nel registro degli indagati, stante la delicatezza dell'atto e delle conseguenze che implica, va fatta sulla base di un attento scrutinio degli atti, che può necessitare anche valutazioni molto complesse che implicano una approfondita e articolata attività di studio e controllo della documentazione acquisita, da valutare in modo unitario".

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Le intercettazioni

Se la giudice non avesse respinto la richiesta di Toti, sarebbero venute meno una serie di intercettazioni registrate nel corso delle indagini. Il governatore, tramite il suo legale Stefano Savi, aveva chiesto il 22 maggio di applicare la riforma Cartabia e, in particolare, di anticipare la sua iscrizione nel registro degli indagati, nel filone sul voto di scambio con l'aggravante mafiosa, a partire dal 2020, al massimo 2021, invece che nel 2023. In questa maniera le indagini sarebbero dovute finire prima e tutti gli atti, in primis diverse intercettazioni, fatti dopo quel termine sarebbero stati nulli. Come la conversazione con il suo allora capo di gabinetto Matteo Cozzani (anche lui ai domiciliari) in cui parlavano di contattare i fratelli Angelo e Maurizio Testa (indagati anche loro). "Mi squartano", aveva risposto Cozzani. A cui Toti aveva ribattuto: "Ma perché non gli abbiamo dato dei soldi?".

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L’inchiesta

Nel frattempo, Paolo Emilio Signorini (ex presidente dell'autorità portuale ed ex ad di Iren) ha presentato, tramite i suoi avvocati Mario ed Enrico Scopesi, appello contro il no agli arresti domiciliari. È poi iniziato l'esame, come persona informata dei fatti, di Lucia Cristina Tringali, dirigente e responsabile dell'anticorruzione interna di Autorità Portuale. Nel 2022 aveva sollevato dubbi sulla vicenda del tombamento di calata Concenter.

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