4 giugno 1944, Roma libera: 80 anni fa l’ingresso degli Alleati nella Capitale

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Le truppe americane del generale Mark Wayne Clark superarono le ultime linee difensive tedesche ed entrarono nella Capitale, accolte con entusiasmo dalla popolazione della città. Fu la Quinta Armata statunitense, proveniente da Anzio, a liberare la Capitale

 

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Esattamente 80 anni fa Roma venne liberata dai nazifascisti dopo un’occupazione durata 9 mesi. Il 4 e il 5 giugno 1944, le truppe americane del generale Mark Wayne Clark superarono le ultime linee difensive tedesche ed entrarono nella Capitale, accolte con entusiasmo dalla popolazione romana. Fu la Quinta Armata statunitense, proveniente da Anzio, a liberare finalmente la capitale.

3 giugno: Kesselring dichiarò Roma città aperta

Il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante delle forze tedesche in Italia, decise di ritirare le sue truppe verso nord, evitando un combattimento all'interno di Roma. Questa decisione fu presa dopo che il generale Eberhard von Mackensen ordinò alla 14esima Armata di raggiungere la zona sud della città entro il 3 giugno, in un tentativo disperato di contenere l'avanzata alleata. La frattura della Linea Gustav, determinata dalla vittoria del II Corpo d’armata polacco a Montecassino, aveva reso impossibile fermare l'avanzata degli Alleati. Kesselring, consapevole della situazione, dichiarò Roma "città aperta" e iniziò la ritirata ordinata delle truppe tedesche per riorganizzarsi lungo la Linea Gotica.

4 giugno: all’alba le prime truppe statunitensi entrarono in città

All'alba del 4 giugno, le forze del VI Corpo d’armata statunitense raggiunsero i sobborghi romani, nonostante la resistenza tedesca. La periferia meridionale della città fu occupata dalla 1ma divisione corazzata e dalla 36esima divisione di fanteria, mentre le retroguardie tedesche si ritiravano ordinatamente. I tedeschi consentiranno l’ingresso in centro solo verso il tramonto. Il generale Clark, desideroso di essere il primo a entrare a Roma da sud dopo quindici secoli, ignorò alcune istruzioni operative del comandante britannico Harold Alexander, mettendo a rischio la propria vita pur di documentare il momento storico: per farsi immortalare su una fotografia con alle spalle il cartello stradale con la scritta Roma, per poco non fu ucciso dal fuoco di un cecchino tedesco.

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Il cambio di Clark nei piani militari per arrivare primo

Il 26 maggio, Clark modificò improvvisamente i piani militari, cogliendo di sorpresa sia i suoi subordinati che i tedeschi. Grazie a una manovra del generale Frank Walker, il 30 maggio, gli americani riuscirono a infiltrarsi tra due corpi d’armata tedeschi, prendendo il controllo di Monte Artemisio. Clark decise di convergere su Valmontone per l’attacco decisivo: la 36esima divisione aprì una via sui Colli Albani, minacciando la via Casilina, costringendo Kesselring a rimproverare von Mackensen per aver sottovalutato lo sfondamento americano.

I festeggiamenti tra le vie di Roma

A Roma, la popolazione accolse con gioia gli Alleati. Le strade si riempirono di persone festanti, in un'atmosfera di euforia collettiva. Tuttavia, l'afflusso di civili rallentò le operazioni militari alleate, impedendo un inseguimento immediato delle forze tedesche in ritirata. Roma, che non era insorta come sperato dai partigiani dopo l'attentato di via Rasella, ritrovò finalmente la libertà dopo nove mesi di occupazione nazista. Clark era riuscito nella sua personalissima impresa di aver provocato la caduta della prima capitale dell’Asse (che non esisteva più) e il simbolo del regime fascista (che si era trasferito a Salò).

 

6 giugno: il D-Day

 

Il re Vittorio Emanuele III, sotto pressione degli Alleati, trasferì i poteri al principe Umberto come Luogotenente generale del Regno il 5 giugno 1944, senza però abdicare. La rilevanza dell'azione di Clark nel corso del conflitto fu parzialmente oscurata dall'Operazione Overlord, il D-Day, lo sbarco sulle coste della Normandia nella più grande impresa militare di tutti i tempi (6 giugno), che catturò l'attenzione mondiale e segnò l'inizio della fine per la Germania di Hitler.

 

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