La ricostruzione del giudice, che ha accolto la richiesta del pm Stefano Dambruso, viene fatta "sulla base degli atti a disposizione" di quanto avvenuto il 16 maggio: non sarebbe stato, a suo avviso, un incidente come sostenuto da Giampiero Gualandi nell'interrogatorio
Quando il 16 maggio Sofia Stefani (la 33enne ex vigilessa uccisa da un colpo partito dalla pistola di Giampiero Gualandi) è arrivata al comando della polizia locale di Anzola, lei e Giampiero Gualandi si sono chiusi in una stanza e lui aveva "già in mente l'omicidio". È la ricostruzione del Gip di Bologna Domenico Truppa, che sabato ha disposto il carcere per il 62enne. Tra i due sarebbe iniziata una discussione e l'ex vigilessa avrebbe insistito a voler continuare il rapporto. Allora, Gualandi, "esasperato", impugna la pistola la punta all'indirizzo della donna e preme il grilletto. Poi, consapevole di quello che aveva fatto e di dover dare una versione alternativa, si attiva per chiamare il 118 e "simulare una tragica fatalità".
Non sarebbe stato un incidente
La ricostruzione del giudice, che ha accolto la richiesta del pm Stefano Dambruso, viene fatta "sulla base degli atti a disposizione" di quanto avvenuto il 16 maggio: non sarebbe stato, a suo avviso, un incidente come sostenuto dall'indagato nell'interrogatorio. Quel giorno, infatti, l'ex comandante della polizia locale è arrivato in ufficio, sapendo bene che stava per arrivare anche Stefani, la ex collega di quasi 30 anni più giovane di lui e che non accettava di concludere la relazione. Gualandi, dunque, ha ritirato l'arma dall'armeria e recuperato la scatola per la pulizia poi ritrovata sulla scrivania per predisporre una linea di difesa sul motivo della presenza della pistola (manutenzione e pulizia).
"Non dormo, mangio poco, sono esaurito"
I messaggi che Giampiero Gualandi si era scambiato con Sofia Stefani i due giorni precedenti all'omicidio danno conto che "egli era, in realtà, una persona logorata dalla presenza nella sua vita" della donna, sottolinea il Gip Domenico Truppa che ha disposto il carcere per l'ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia. Agli atti sono stati acquisiti i messaggi di Gualandi, secondo il giudice "inequivoci" mentre le risposte di Stefani erano state eliminate dalla chat. "Non dormo, mangio poco, sono esaurito", le scriveva Gualandi il 14 maggio, due giorni prima del delitto. E ancora: "Non ho più energia per sopportare la pressione, ansia, nervoso, tensione.." e "Sono esausto, me ne vado via senza dire niente a nessuno, non reggo più nulla".
Molestia e pressione
Uno stato d'animo che per il giudice "appare perfettamente in sintonia con l'attività di molestia e pressione" da parte di lei che non intendeva troncare la relazione e questo dimostra "quello stato di esasperazione in cui verosimilmente si è trovato a gestire Gualandi ben sapendo della visita della Stefani. Ed è "con questa tensione fortissima" che va ricostruito l'incontro nell'ufficio: tensione sfociata in una discussione "all'interno della quale è ragionevole ritenere che l'uomo abbia impugnato la pistola e premuto il grilletto per chiudere definitivamente i conti con una persona che lo ossessionava da alcuni mesi in maniera incessante". Quel giorno risultato quindici chiamate da Stefani a Gualandi.