Lo scrivono in una lettera gli insegnanti dell'istituto comprensivo statale Iqbal Masih che hanno difeso la decisione di chiudere la scuola il 10 aprile, giorno di fine Ramadan. "Come lavoratori della Scuola ci sentiamo offesi e maltrattati, in questi giorni siamo calpestati nei valori e nella dignità". E la vice preside chiede l'intervento di Mattarella
"Ci sentiamo aggrediti e maltrattati dallo Stato". Lo scrivono in una lettera i quasi 200 docenti dell'istituto comprensivo statale Iqbal Masih che hanno difeso la decisione di chiudere la scuola il 10 aprile, giorno di fine Ramadan. "Come lavoratori della Scuola ci sentiamo offesi e maltrattati, in questi giorni siamo calpestati nei valori e nella dignità. 'Chi aggredisce un dipendente di una scuola aggredisce lo Stato' ha dichiarato il Ministro Valditara poco tempo fa, ma da giorni ci sentiamo aggrediti e non tutelati dall'ondata di odio generata su stampa e social anche da parte di esponenti politici", si legge nel testo riportato online da "Primalamartesana" scritto per esprimere la loro "indignazione per la strumentalizzazione" della decisione.
La difesa dei docenti
Secondi i docenti la scelta è "legittima" ed è stata "votata all'unanimità dei docenti presenti nel maggio 2023 e accolta all'unanimità dal Consiglio di Istituto". I professori tornano a spiegare che la decisione è stata presa per il "contesto territoriale, sociale e culturale in cui è inserita" la scuola ovvero "in periferia di Milano, con un'utenza multiculturale con predominanza araba e pakistana". "Riteniamo che fare lezione con metà degli alunni in classe NON sia fare lezione - hanno aggiunto -, che le attività proposte andrebbero comunque riprese e che sia necessario sospendere le attività didattiche nel giorno in cui quasi metà della scuola è assente". "Ci teniamo a sottolineare con forza che la nostra non è una scelta politica e prendiamo le distanze da ogni strumentalizzazione. Siamo un Collegio formato da quasi 200 docenti - hanno sottolineato -, con idee ed orientamenti politici ovviamente molto diversificati, che ha operato una scelta didattica che va rispettata". "Lavoriamo da anni come Scuola 'per non fare scappare gli italiani', per non creare classi ghetto e per creare armonia ed interazione tra culture diverse, mai per annientare o sottomettere una cultura ad un'altra. Ci offendono certi commenti - hanno rivendicato i docenti - e ci feriscono perché lavoriamo ogni giorno nel rispetto dei valori costituzionali, perché cerchiamo di agire attraverso il nostro lavoro i principi di uguaglianza sostanziale e formale sanciti dall'art.3 della Costituzione".
L'appello a Mattarella
Il vicepreside dell'Istituto Maria Rendani si è rivolta direttamente al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nominata due anni fa proprio dal Capo dello Stato cavaliere dell'ordine al merito della Repubblica, ha chiesto a Mattarella di intervenire. "Chiedo a Mattarella di venire a Pioltello a sostenerci - ha detto ai microfoni del TgR Lombardia - perché ci sentiamo soli. Lui è l'unico che può scrivere la parola fine in questa triste storia. Come posso ritrovare la forza e il coraggio di insegnare ai miei alunni che lo Stato italiano difende i cittadini?". Rendani ha ribadito che la decisione di chiudere il 10 aprile "è una scelta didattica. Non ha nulla di ideologico, nulla di religioso. Non abbiamo voluto inserire alcuna festività, non vogliamo togliere l'identità a nessuno e non vogliamo sopprimere nessuna cultura".