#cuoriconnessi, dare voci ai ragazzi per raccontare (e combattere) il cyberbullismo
In occasione del Safer Internet Day è stato presentato il quinto volume della collana di libri dedicati agli studenti delle scuole secondarie di 1° e 2° grado d’Italia, realizzata da Luca Pagliari, come parte dell’iniziativa #cuoriconnessi di Unieuro - in collaborazione con la Polizia di Stato - per sensibilizzare ad un utilizzo consapevole della rete e della tecnologia. Dentro ci sono storie di vita vissuta, per raccontare un fenomeno problematico senza suggerire giudizi
Body shaming, sextortion, revenge porn, violenze riprese dagli smartphone e poi finite in rete. Cyberbullismo. La rete continua a essere un luogo tanto prezioso quanto pericoloso per i più giovani. Come intervenire? Per rispondere a questa domanda ragazzi di tutta Italia si sono messi insieme per stilare un decalogo contro il cyberbullismo. Immedesimarsi negli altri, non dimenticare il potere delle parole, non fingere di non vedere le vittime ma aiutarle, approcciarsi a quello che si trova online con pensiero critico, non dimenticarsi che Internet è fatto di persone. Sono alcuni dei punti chiave del decalogo, presentato lo scorso 9 gennaio a Roma, parte del progetto #cuoriconnessi, nato nel 2016 e realizzato da Unieuro - in collaborazione con la Polizia di Stato per diffondere la cultura del corretto uso della tecnologia -, che adesso pubblica un nuovo libro sul tema del cyberbullismo, il quinto dalla nascita dell’iniziativa.
Il quinto volume di #cuoriconnessi
Il volume è stato presentato il 6 febbraio, in occasione del Safer Internet Day 2024. È una nuova raccolta di storie diverse per culture, dinamiche e territori, ma unite da un unico comune denominatore: il rapporto dei giovani con rete e tecnologia. Dentro ci sono ancora una volta le esperienze di alcuni ragazzi (e quella di una madre). C’è Yasmin, che riflette sull’apertura mentale che studiare in due Paesi diversi, Italia e Marocco, è riuscita a darle. Poi c’è chi racconta l’importanza di denunciare le violenze subite, chi spiega che nascondersi dalle sofferenze non fa altro che peggiorare la situazione, chi dà voce alle donne che davanti agli abusi preferiscono rimanere in silenzio. “Non ne vale la pena” è invece un racconto che mette insieme le esperienze di giovanissimi che hanno commesso degli errori, a volte anche inconsapevolmente, utilizzando la tecnologia. Grazie a un percorso di recupero hanno poi compreso l’importanza del rispetto verso gli altri.
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#cuoriconnessi, il progetto di Unieuro in collaborazione con Polizia di Stato
#cuoriconnessi si è sempre proposto di raccontare in maniera pragmatica storie ed esperienze di vita, puntando al dialogo con adolescenti, genitori e insegnanti. Le sue attività hanno infatti come audience di riferimento principale le scuole italiane secondarie di 1° e 2° grado. Per raggiungere il target di pubblico si avvale di diversi strumenti. A partire dalla collana di libri, a firma del giornalista Luca Pagliari.
Per i primi quattro volumi sono state distribuite 825mila copie in Italia, oggi utilizzate anche come materiale didattico in centinaia di scuole, a cui si sono aggiunte le 200mila copie stampate di due dispense a fumetti, dedicate nello specifico alle scuole secondarie di primo grado come supporto per gli esercizi delle vacanze estive.
Il nuovo volume sarà distribuito gratuitamente, senza alcun obbligo di acquisto, in tutti i punti vendita Unieuro, e nei COSC (Centri Operativi per la Sicurezza Cibernetica) della Polizia Postale e in versione digitale sui principali ebook stores, oltre che sul sito cuoriconnessi.it.
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Un progetto multiforme
Il sito cuoriconnessi.it è oggi un vero e proprio hub in grado di veicolare contenuti informativi di grande valore (libri, audiostorie, docufilm, incontri online, etc.) e di interagire in modo nuovo con i ragazzi, perché racconta storie, testimonianze e percorsi di vita complessi, mai scontati, ma soprattutto in grado di indurre riflessioni profonde sul corretto utilizzo della tecnologia. Il bilancio di quanto fatto finora è positivo. Per fare solo qualche esempio: sono oltre 680mila gli studenti hanno seguito le dirette streaming #cuoriconnessi in occasione degli scorsi Safer Internet Day e sono oltre 345mila quelli che hanno partecipato agli incontri virtuali con le scuole.
Ha ancora senso parlare di cyberbullismo?
Nella prefazione di Unieuro del nuovo volume ci si chiede se abbia ancora senso o meno parlare di cyberbullismo: “Allo stato attuale lo smartphone non è più un optional o un plus da applicare alla nostra esistenza, ma una parte integrante e irrinunciabile della stessa. In maniera diretta o indiretta quasi tutti gli episodi di bullismo sono ormai collegati alla rete. I preadolescenti o gli adolescenti che compiono azioni vessatorie, in primis valutano il possibile riverbero del loro gesto sul web in termini di visualizzazioni. Le stesse azioni, se prive di una finestra spalancata sul mondo dei social, apparirebbero fortemente depotenziate o addirittura inutili”. E quindi: “Si sparano pallini di gomma alla Prof seduta in cattedra solamente se ci sarà poi una significativa ricaduta social o almeno un’ampia condivisione attraverso le chat e altri gruppi privati. Si picchia un compagno a patto che qualche ‘buon filmmaker’ sia disposto a ricavarne un video in grado di generare un nutrito movimento di follower”.
Le esperienze di chi ha sbagliato
La prefazione della Polizia di Stato pone l’accento su un’altra questione e sottolinea come la quinta edizione del libro affronti “il tema della responsabilità diretta dei ragazzi”: dentro si trovano “storie di sottovalutazione, di impulsività, di inesperienza che generano procedimenti penali e ricordano quindi ai ragazzi, con una certa forza, che internet NON è una terra di nessuno, senza regole e rispetto”. La forza di #cuoriconnessi sta nell’utilizzare “un linguaggio fatto di storie vissute”, così da “colmare il gap generazionale” per cui gli adulti non sono sempre riusciti a essere “un punto di riferimento sempre efficace e autorevole per i più giovani, poiché neofiti della tecnologia”.
Pagliari: “La chiave comunicativa del volume si lega alla sospensione del giudizio”
Luca Pagliari, nell’introduzione del nuovo volume, spiega invece che si è cercato di dare spazio sia ai punti di vista della vittima che a quelli “di chi, più o meno consapevolmente, la ferisce”. Non si utilizza volutamente il termine “carnefice”, perché “molto spesso chi commette delle vessazioni ha una scarsa percezione del vissuto altrui” e non è mai “così semplice distinguere il bianco dal nero”, soprattutto in “un territorio dalle tinte sfumate” come Internet. Per questo, continua Pagliari, la chiave comunicativa del volume “si lega alla sospensione del giudizio, lasciando campo aperto agli studenti e a qualsiasi persona si imbatta nel libro”.