Giovanna Pedretti, via libera alla sepoltura. Si indaga sulle ultime ore della donna

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Dopo l'autopsia, che ha accertato l'annegamento come causa della morte, è arrivato il nullaosta per seppellire la salma della ristoratrice di Sant'Angelo Lodigiano. Intanto gli inquirenti vogliono capire se la 59enne fosse sola quando quella mattina uscì di casa. L'ipotesi principale resta comunque il suicidio

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Dopo l'autopsia eseguita all'Istituto di Medicina legale di Pavia, la procura di Lodi ha dato il nullaosta alla sepoltura di Giovanna Pedretti, la ristoratrice morta annnegata domenica 14 gennaio nel fiume Lambro. La donna, titolare della pizzeria "Le Vignole" di Sant'Angelo Lodigiano, prima era stata lodata per aver risposto a una recensione contro gay e disabili, e poi criticata con l'accusa di aver falsificato il commento. Le indagini sono concentrate a capire se la 59enne fosse sola quando quella mattina uscì di casa: l'ipotesi principale resta comunque il suicidio. La famiglia di Pedretti, che ora dovrà fissare la data del funerale, chiede tramite il proprio avvocato di rispettare il dolore.

Il punto sulle indagini

Dentro e intorno all'auto di Pedretti, parcheggiata vicino a dove è stato ritrovato il corpo, sono state rilevate tracce di sangue. Secondo gli inquirenti, la ristoratrice si sarebbe autoprovocata delle ferite, che tuttavia non si sono rivelate fatali. Infatti, come stabilito dal team del dipartimento di Medicina legale di Pavia, la 59enne è morta per annegamento. Resta però il giallo della lametta che la donna aveva con sé: si cerca di capire perché l'abbia portata nonostante non fosse affilata e non in grado di provocare ferite profonde. Ulteriori elementi potrebbero emergere dagli esami tossicologici.

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Gli accertamenti sulla recensione

Le indagini - che al momento sono contro ignoti e vedono l'istigazione al suicidio come ipotesi di reato - si concentrano anche sulle analisi dei due telefonini della donna, che erano a uso personale e che sono stati ritrovati nell'auto. Si cerca inoltre di risalire all'identità del (presunto) cliente che aveva lasciato la recensione contro gay e disabili: qualora il post sia effettivamente vero, gli investigatori dovranno scandagliare scontrini, prenotazioni e filmati per dare un nome (reale) all'utente.

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