Compie 101 anni Ferdinando Tascini, l'ultimo carceriere di Mussolini

Cronaca

Nato il 28 dicembre 1922, si ritrovò a sua insaputa a Campo Imperatore, Gran Sasso, a guardia del Duce. Il suo sogno è stringere la mano al Presidente Mattarella

ascolta articolo

Oggi compie 101 anni Ferdinando Tascini, probabile ultimo testimone di un evento che ha segnato la storia d’Italia: la prigionia e liberazione di Benito Mussolini. Una vita a dir poco rocambolesca la sua, fra guerra, studio e lavoro. La famiglia la vera linfa, assieme alla campagna e al mangiare sano. Compleanno con gli auguri del sindaco a nome della città, la torta, la festa con figli e nipoti ed un sogno nel cassetto quello di poter stringere la mano al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e raccontare quei momenti indelebili che la storia gli ha consegnato.

La vita di Ferdinando Tascini

Ferdinando Tascini nasce a Todi il 28 dicembre 1922 da una famiglia contadina. È il terzo di cinque fratelli, si iscrive all’istituto agrario Ciuffelli di Todi, ma è costretto ad interrompere gli studi per la chiamata nell’esercito durante il secondo conflitto mondiale, dove viene inviato nel Montenegro per quasi un anno. Si arruola poi nell’arma dei carabinieri per poi essere richiamato in Italia per essere scelto per una missione speciale e segreta. Si ritrova a sua insaputa a Campo Imperatore, Gran Sasso, a guardia di Mussolini. Un evento che segnò il destino dell’Italia della Seconda Guerra Mondiale di cui lui fu testimone, forse unico superstite. Ancora oggi, confermano i figli, Massimo, primo dei quattro, titolare dell’azienda agraria a San Donino, Maria Teresa, Maria Francesca e Luca, che segue le orme del babbo e del fratello maggiore con il quale tuttora lavora nella azienda agraria, il suo racconto è lucido e ricco di aneddoti. “I nostri genitori – hanno dichiarato - ci hanno insegnato con il loro esempio l’onestà l’accoglienza, la disponibilità e la dignità. “La mamma è mancata 10 anni fa, avrebbe festeggiato con il babbo il traguardo dei cento anni.” Finita la guerra Ferdinando riesce a conseguire il diploma di perito agrario. Inizia la sua attività lavorativa presso varie aziende agricole del perugino. Nel ‘50 si trasferisce in Alta Valle del Tevere insieme alla moglie Adiana (“la maestra di Riosecco”) dove a Città di Castello crea una azienda agricola specializzata nella tabacchicoltura. Termina la sua attività lavorativa presso la Comunità Montana della città. Oggi vive a San Donino con la sua numerosa famiglia, quattro figli, nove nipoti e sette pronipoti, godendosi l’ombra della quercia centenaria da lui curata con amore.

 

 

foto_mishra

approfondimento

Lo scrittore indiano Pankaj Mishra: “Modi è come Mussolini"

Ferdinando Tascini

I ricordi di quei giorni

“Ricordo bene quel giorno – racconta Tascini - era il 12 settembre 1943. Erano le 14.30 e non ero di turno, stavo nella mia camera ed a un certo punto sentii gridare che erano arrivati i tedeschi e mi affacciai dalla finestra e vidi un aliante che era già atterrato e c’era un ufficiale con la mitraglietta pesante rivolta alla mia finestra. A quel punto sono stato fermo e aspettavo ordini, se impugnare le armi o arrenderci. Dopo ci ordinarono di scendere disarmati e arrenderci. Vidi tutti lì. I tedeschi avevano già circondato l’albergo, strinsero il cerchio e provarono a disarmare un ufficiale ma furono fermati dal tenente Faiola. Ormai il nostro compito finiva lì e con noi si comportarono abbastanza bene. Poi mi ricordo una cosa: quando atterrarono gli alianti, Mussolini si affacciò ma non vedeva chi c’era. Voleva sapere chi fossero se americani o tedeschi. Questo è stato recepito dalle voci che circolavano. La sensazione fosse che Mussolini aspettasse più gli americani dei tedeschi. Poi dopo i tedeschi salirono in camera da Mussolini con il nostro maresciallo, stettero un mezz’ora a parlare. C’erano gli apparecchi che portarono gli alianti che rimasero finché l’impresa non era compiuta. Poi spararono un razzo e se ne andarono. Il secondo razzo servì per far atterrare la cicogna con cui Mussolini partì. Così andarono le cose”

Il tributo e il sogno nel cassetto

“Se sono arrivato fin qui – dice con il solito piglio e lucidità – lo devo al buon Dio, poi alla mia famiglia, la vera essenza della vita, il luogo dove sono vissuto, la campagna, il buon cibo e tanto, tanto lavoro”.  Il comune di Città di Castello lo scorso anno gli ha tributato una targa, come a tutti i centenari (ben 21, 15 donne e 6 maschi), nel corso di un ricevimento ufficiale in comune, poi in primavera anche il Prefetto di Perugia, Armando Gradone assieme ai vertici delle forze dell’ordine e di Polizia, con tanto di cerimonia in Prefettura, infine l’Arma dei Carabinieri a Roma in estate ad assistere alla parata dal palco d’onore. Un anno intenso il 2023 per Tascini che non nasconde ancora un sogno da esaudire, quello di poter stringere la mano al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, magari parlarci qualche istante per raccontargli quello che la storia gli ha consegnato: “Sarebbe davvero bello poter parlare con il nostro Presidente della Repubblica, punto di riferimento e orgoglio per tutti noi come il tricolore e la Costituzione, dopo i tragici momenti della guerra che è stata sempre e sarà per me e per la mia famiglia il faro della vita che ci guida, di cui andare orgogliosi”, conclude con il sorriso sulle labbra, Ferdinando Tascini a cui il sindaco Luca Secondi e la giunta a nome dell’intera comunità rinnovano oggi gli auguri più sinceri ed affettuosi per il traguardo di vita raggiunto: ”Ferdinando come altri ultracentenari, alcuni protagonisti di un video-messaggio di auguri di festività e anno nuovo che ha fatto il giro del web, sono per la nostra città, la ricchezza ed il valore aggiunto che ci rende orgogliosi. Buon compleanno Ferdinando”.

hero_rastrellamento_ghetto_roma

approfondimento

Rastrellamento del ghetto di Roma, sono passati 80 anni. Cosa accadde

Cronaca: i più letti