Prima della Scala, identificati i loggionisti dei messaggi antifascisti. Polizia: "Prassi"

Cronaca
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L'identificazione delle due persone che durante la serata di apertura della nuova Stagione del teatro hanno rotto il silenzio pronunciando frasi contro il fascismo, dice la Questura di Milano, "è stata effettuata quale modalità ordinaria di controllo preventivo per garantire la sicurezza della manifestazione". Marco Vizzardelli, uno degli identificati: "Inquietante, siamo alla soglia di uno stato parafascista. Dire che l'Italia è antifascista è lapalissiano oltre che costituzionale"

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"Viva l’Italia antifascista". Lo si è sentito ieri, 7 dicembre, alla Prima della Scala, dopo l’inno di Mameli. A pronunciare queste parole, dalla Galleria, è stato Marco Vizzardelli, giornalista di 65 anni e abituale frequentatore dello storico teatro milanese. Poi è stato raggiunto da un gruppo di uomini della Digos, che nel foyer – durante l’intervallo del Don Carlo – lo hanno fermato per identificarlo. "Trovo un po' inquietante che io sia stato identificato, non può non venirmi il dubbio che siamo alla soglia di uno stato parafascista", ha detto all'ANSA Marco Vizzardelli: "Non sono un pericoloso comunista, al massimo un liberale di sinistra ma non reggo due cose: qualsiasi vago profumo di fascismo e qualsiasi forma di razzismo". E non usa mezzi termini: "Ieri avevo davanti due rappresentanti dello Stato come Salvini e La Russa che su entrambi questi fronti mi lasciano molto perplesso". Sarebbe stato identificato anche un altro loggionista, che – questa volta prima dell’inno di Mameli – aveva invece detto “No al fascismo”. La loro identificazione, secondo la Polizia di Stato, "non è stata assolutamente determinata dal contenuto della frase pronunciata". Anzi, ha spiegato la Questura di Milano, "è stata effettuata quale modalità ordinaria di controllo preventivo per garantire la sicurezza della manifestazione".

Vizzardelli: "Dire che l'Italia è antifascista è lapalissiano oltre che costituzionale"

Vizzardelli racconta che di essere arrivato ieri alla Prima "rimuginando sulla presenza di Liliana Segre sul palco assieme a Ignazio La Russa e Matteo Salvini. Non mi piaceva per nulla averla vista in mezzo a questa polemica e ho pensato che qualcosa andava fatto ma non sapevo cosa". Così, dopo che un’altra persona prima dell'esecuzione dell'inno di Mameli aveva urlato "No al fascismo”, ha deciso di prendere "la pausa di silenzio" e di riempirla con "Viva l'Italia antifascista". Vizzardelli precisa però di non aver urlato, ma di aver pronunciato le parole "con calma e tranquillità". Di certo non si aspettava tutto il clamore che è scoppiato perché – sottolinea – "dire che l'Italia è antifascista è lapalissiano oltre che costituzionale". Vizzardelli spiega che il suo è stato "lo sfociare logico di tutta una riflessione precedente", che "alla Scala si sono sentite e dette cose ben peggiori". Per questo dice di essersi stupito quando è stato fermato dagli agenti della Digos: "Non ho fatto nulla di male né commesso alcun reato" ma solo pronunciato "una frase normalissima".

Salvini: "Alla Scala si viene per ascoltare, non per urlare"

Mentre il presidente del Senato Ignazio La Russa ha detto di non aver sentito le frasi dei due spettatori, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha invece commentato la vicenda. "Se uno viene alla Scala ad urlare o agli ambrogino a fischiare ha un problema", ha detto aggiungendo che "alla Scala si viene per ascoltare, non per urlare". Vizzardelli ha spiegato che "La Russa e Salvini erano due presenze che mi mettevano a disagio, ma mentre La Russa se l'è cavata dicendo di non aver sentito, Salvini ci è cascato come una pera senza sapere che alla Prima della Scala nella storia è successo ben di peggio. Mi ha reso un servizio inaspettato, la sua stessa reazione mi ha convinto che ho fatto bene e lo rifarei".

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