Parla Giuseppe Cimarosa, parente di Messina Denaro: "Prendere posizione contro la mafia"
CronacaDalla famiglia Messina Denaro si è sempre tenuto lontano. Dieci anni fa ha convinto il padre a collaborare e ha deciso di restare a vivere qui, perchè -dice - “sono i mafiosi a dover andare via, non le persone oneste”. E a nome di quella Castelvetrano stanca e onesta, invita tutti a prendere una posizione netta nei confronti della mafia e di persone che hanno un nome e un cognome. "Bisogna far capire che sono dalla parte sbagliata”.
Dopo la morte di Matteo Messina Denaro la maggior parte dei cittadini di Castelvetrano, in testa il sindaco Enzo Alfano, vorrebbero voltare pagina e far dimenticare il marchio che l’ha resa più celebre come città natale del boss che per la sua arte, la sua cultura, la sua storia e per i templi del parco archeologico di Selinunte. Ma i tanti messaggi di cordoglio rivolti alla famiglia, postati in questi giorni sui social, raccontano una città in cui una parte del tessuto economico e sociale non prende le distanze da quella mafiosità che permea molte relazioni e nutre parte delle attività imprenditoriali.
Il boss stragista che tra gli anni 80 e 90 contribuì ad allungare la scia di sangue nelle città e campagne della Sicilia occidentale ed è stato condannato per le stragi del '92 e '93, ha nel corso degli anni cambiato strategia, cercando di raggiungere strati sempre più profondi dell’economia e piani sempre più alti delle amministrazioni, stringendo patti con imprenditori e politici, insegnando un metodo, non chiedere il pizzo ma collaborare e fare affari con i settori produttivi della società.
“La mafia si infiltra e si rende invisibile ed è difficile riconoscerla perché non si vede ma è ovunque. Va prima riconosciuta e poi contrastata”. Parole di Giuseppe Cimarosa, che di Messina Denaro è parente -sua nonna era sorella di Lorenza Santangelo, madre di Matteo Messina Denaro - ma dal clan ha sempre preso le distanze.
“Vivere qui è difficile anche perché spesso queste persone non si riconoscono ma ci sono e sono tanti, sono quelli che nella trentennale latitanza dell’ultimo boss stragista lo hanno protetto e lo hanno nascosto e continuano a considerarlo un eroe e un mito da idolatrare. A nome di quella Castelvetrano stanca e onesta invito tutti a prendere una posizione netta nei confronti della mafia e di persone che hanno un nome e un cognome. Bisogna far capire che sono dalla parte sbagliata”.
In tanti sono andati via, perché minacciati, per non aver voluto scendere a patti con la mafia, per la paura di dire no a chi proponeva di fare affari insieme. Giuseppe Cimarosa è rimasto, ora gestisce un maneggio nelle campagne disseminate di uliveti tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, cioè tra la città in cui il boss stragista è nato ed è stato sepolto e il paese in cui ha vissuto negli ultimi mesi prima dell’arresto.
Cosa ha pensato quando ha saputo che Lorenza, sua cugina, la figlia nata dalla relazione di Matteo Messina Denaro con Franca Alagna durante la latitanza, ha preso il nome del padre?
“Credo che nessun componente della famiglia Messina Denaro abbia mai pensato di prendere le distanze. Ne conosco la natura. Sembrava che la figlia volesse dissociarsi, dato che per tutta la vita ha portato il cognome della madre, ma pochi mesi fa ha deciso di incontrare il padre, che mai aveva visto, e ha assunto il suo cognome. Più che dissociarsi si è quindi associata”.
Lei ha fatto una scelta opposta, dieci anni fa ha convinto suo padre imprenditore a collaborare e a chiudere per sempre i ponti con il malaffare a cui si era avvicinato.
“Gli dissi che doveva farlo e lui sapeva che altrimenti lo avrei ripudiato. Sono stati anni difficili, anche io ho avuto paura, ma ho sempre pensato che non dovevo fuggire, perché le persone oneste sono quelle che devono restare, i mafiosi sono quelli che devono andare via”.