Save The Children: dopo Covid Pil per la scuola è calato. Meno opportunità per i migranti

Cronaca
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Secondo il nuovo rapporto dell'Organizzazione, i numeri indicano che la percentuale di Pil investita dal nostro Paese nell’istruzione è al 4,1%, contro una media europea del 4,8%. Si registra poi una carenza di servizi come asili nido, mense e tempo pieno. Ritardi e abbandoni per l'8% degli studenti italiani e per il 25% di quelli stranieri. Diseguaglianze nell'apprendimento

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Non si è cancellato, in Italia, l'impoverimento educativo generato dalla pandemia di Covid-19 sull'apprendimento e sul benessere psicologico degli studenti, soprattutto tra i minori in svantaggio socioeconomico. Lo certificano i dati del Rapporto "Il Mondo in una classe. Un'indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane", diffuso da Save the Children. I numeri indicano anche come dopo l'emergenza sanitaria la percentuale di Pil investita dal nostro Paese nell’istruzione sia tornata a scendere al 4,1%, contro una media europea del 4,8%. A questo va aggiunta la carenza di servizi come asili nido, mense e tempo pieno

I numeri della scuola italiana

L’analisi di Save The Children evidenzia poi alcuni numeri della reltà italiana. La copertura nelle strutture educative 0-2 anni pubbliche e private nell'anno educativo 2021/2022 è pari a 28 posti disponibili per 100 bambini residenti, ancora al di sotto dell'obiettivo europeo del 33% entro il 2010 e lontano dal nuovo obiettivo stabilito a livello europeo del 45% entro il 20303. Secondo gli ultimi dati disponibili (anno scolastico 2021/2022), ancora solo il 38,06% delle classi della scuola primaria è a tempo pieno e poco più della metà degli alunni della primaria frequenta la mensa scolastica. Per l'organizzazione, dunque, "non sorprende che la dispersione scolastica in Italia sia superiore rispetto alla media europea" (rispettivamente 11,5% e 9,6% nel 2022) e che l'8,7% di studenti si trovi in condizione di dispersione implicita (secondo i dati Invalsi del 2023), percentuale in diminuzione rispetto allo scorso anno, ma ancora più elevata rispetto a quella registrata prima della pandemia (era del 7,5% nel 2019). Le studentesse e gli studenti che si trovano in condizione di dispersione implicita sono studenti che, pur ottenendo il diploma di scuola superiore, non raggiungono i livelli di competenze richieste nelle prove di italiano, matematica e inglese, bensì mostrano livelli corrispondenti agli obiettivi formativi previsti per gli studenti di terza media”.

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Minori opportunità per i giovani migranti

Inoltre, la scuola italiana è alle prese con un numero sempre minore di studenti, a causa del calo demografico che da anni investe il nostro Paese: rispetto a 7 anni fa, quasi 71.000 bambini in meno hanno varcato la soglia della scuola elementare e le classi sono sempre più multiculturali. Sono più di 800mila i minori stranieri, pari ad oltre 1 su 108 (10,6%) tra gli iscritti nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie. Molti studenti con background migratorio, pur nascendo o crescendo in Italia, hanno meno opportunità rispetto ai loro compagni di scuola. In Italia solo il 77,9% dei bambini con cittadinanza non italiana è iscritto e frequenta la scuola dell'infanzia, contro il 95,1% degli italiani. Tra gli studenti con background migratorio si registrano poi maggiori ritardi scolastici, casi di dispersione e abbandono scolastico.

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Le diseguaglianze nell'apprendimento

Le disuguaglianze si rilevano anche negli apprendimenti: al termine del primo ciclo di istruzione la percentuale degli studenti che non raggiungono le competenze adeguate in italiano, matematica e inglese (secondo i dati Invalsi 2023) tra i migranti di prima generazione è doppia (26%) rispetto agli studenti italiani o stranieri di seconda generazione. L'11% degli alunni con background migratorio ha dichiarato di aver avuto periodi di interruzione della scuola di sei mesi o più contro il 5,9% degli studenti con genitori italiani. Tra i minori con background migratorio che hanno risposto di aver smesso di frequentare la scuola per periodi prolungati e che non hanno cittadinanza italiana, l'8,3% indica tra le motivazioni principali il fatto che non ci fossero posti disponibili a scuola, il 3,2% la conoscenza limitata della lingua italiana, il 2,2% la necessità di aiutare i genitori a casa e il 2,5% il fatto che la scuola non sia utile. 

La campagna per la cittadinanza

Save the Children intanto ha lanciato una campagna per la cittadinanza. Con la petizione "Cittadinanza italiana per i bambini nati o cresciuti in Italia. È il momento di riconoscere i loro diritti!", l'Organizzazione chiede al Parlamento italiano di riformare la legge sulla cittadinanza e consentire a bambine, bambini e adolescenti nati in Italia o arrivati nel nostro Paese da piccoli, figli di genitori regolarmente residenti, di diventare italiani prima del compimento della maggiore età. "I bambini, le bambine e gli adolescenti, italiani di fatto, ma non per legge, sono più di 800mila nelle nostre scuole e in costante crescita, ma non beneficiano delle stesse opportunità di sviluppo dei loro coetanei italiani". 

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