Concordia, sopravvissuta torna in vacanza dopo 11 anni. Le figlie restano intossicate

Cronaca

Angela, 41 anni, ha deciso di tornare in mare con le figlie dopo il trauma del naufragio. Ma le bambine hanno avuto un'intossicazione alimentare durante una cena nel deserto: "Hanno trascorso una settimana a letto con le flebo attaccate"

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Un trauma difficilissimo da superare, e 11 anni dopo la sfida di tornare in mare. Angela, 41 enne di Dragona, è una delle persone sopravvissute al naufragio della Costa Concordia il 13 gennaio 2012. Da quell'evento, associa il mare alla morte. Ma quest'estate aveva deciso di provare a combattere la paura dell'acqua con un viaggio in Egitto, a Marsa Alam. Una vacanza che però sfortunatamente si è trasformato in un'esperienza da dimenticare, racconta la donna in un'intervista a Repubblica: "Le mie figlie sono state male per giorni, la più piccola ha rischiato il collasso". Un danno anche economico: "Ho speso oltre 6 mila euro, i risparmi di anni: sono una madre separata, senza mantenimento, di due bambine. Ho fatto sacrifici per permettermi una vacanza così speciale. Con me è venuta la mia migliore amica, che è una sorella, perché da sola non ce l’avrei mai fatta", spiega.  

L'intossicazione durante una cena nel deserto

L'intossicazione è avvenuta quando le sue due bambine, e il figlio dell’amica, in una cena beduina durante un’escursione nel deserto hanno mangiato (o bevuto) qualcosa che gli ha fatto male. "Hanno cominciato con il vomito, poi la febbre si è alzata fino a 41, la pressione era scesa a 38. Abbiamo passato una settimana con loro tre fermi al letto con le flebo attaccate. Utilizzavamo come supporto le lampade della stanza", racconta ancora la donna a Repubblica. "Addirittura ci avevano detto che forse sarebbe stato necessario il trasporto a Il Cairo in ospedale. Una volta tornati a Roma, hanno continuato per 5 giorni le cure prescritte in Egitto e sono guariti". Le escursioni che non hanno potuto fare, spiega, sono state rimborsate, ma non il soggiorno. "Ci hanno detto che avevamo comunque dormito nelle camere. Però non abbiamo usufruito del servizi del resto del villaggio".

Il racconto del naufragio: "Le urla erano disumane"

Una storia dolorosa per la donna non solo per il tema economico: quel viaggio avrebbe dovuto rappresentare un nuovo inizio dopo molti anni. Di quei momenti Angela non può dimenticare nulla: "Eravamo sul ponte numero 4 e le scialuppe non erano più utilizzabili. Mi sono resa conto che non avrei mai portato a casa la bambina, che eravamo spacciate. L’apocalisse. Tanto che sono svenuta dal dolore quando ho fissato mia figlia negli occhi. Mi hanno rianimata, sono tornata in me e, quando ho visto sotto di noi una scialuppa, ho lanciato mia figlia. Così che almeno lei potesse tornare a casa", racconta. "Lei però ha avuto delle convulsioni, con la bava alla bocca, così hanno fatto scendere anche me. Urlavo nelle sue orecchie la canzoncina che utilizzavo sempre per addormentarla pur di non farle sentire le grida delle persone. Erano disumane. Il Titanic dal vivo".

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