Torino, detenuta si lascia morire di fame. Un'altra si toglie la vita nello stesso carcere

Cronaca
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La donna aveva 43 anni e si trovava nel carcere piemontese delle Vallette. Pare che chiedesse di vedere il figlio. Secondo il sindacato autonomo di polizia penitenziaria “a nulla sono servite le sollecitazioni ad alimentarsi da parte dei medici e del personale”. La senatrice Cucchi: “Si faccia chiarezza”. Garante: “Nessuno ci ha informato”. Oggi un'altra donna nello stesso penitenziario si è suicidata

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Una donna di 43 anni, detenuta nel carcere delle Vallette di Torino, “si è lasciata morire di fame”. A comunicare la notizia è il sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe, secondo il quale "a nulla sono servite le sollecitazioni ad alimentarsi da parte dei medici e del personale”. Secondo alcune fonti informate sui fatti, la donna "voleva vedere il figlio. E basta. Non diceva altro". Monica Cristina Gallo, garante comunale per i diritti dei detenuti a Torino, ha detto: “Sono rammaricata, ma dal carcere non ci sono mai giunte segnalazioni relative al caso di questa persona”. E per la senatrice Ilaria Cucchi “questa è una tragedia che non può essere tollerata in un Paese che si professa civile e democratico. Una morte di cui comunque è responsabile lo Stato che aveva in custodia la vita della vittima”. La procura ha aperto un'inchiesta. Lunedì prossimo sarà affidata l'autopsia. Intanto oggi, nello stesso carcere, un'altra detenuta si è tolta la vita impiccandosi nella propria cella. 

La ricostruzione del sindacato

Secondo quanto riferito dal sindacato, la donna sarebbe morta intorno alle tre della scorsa notte in un settore speciale della sezione femminile, dotato di quattro celle, riservato alle recluse con problemi psichiatrici o comportamentali. Non si tratta della vera e propria Atsm (articolazione per la salute mentale), che è nel padiglione maschile per i detenuti uomini. È comunque previsto il regolare passaggio di medici e un sistema di videosorveglianza h24, di cui si occupa il personale di polizia penitenziaria. La polizia penitenziaria ha chiamato subito il personale medico ma l'intervento si è rivelato inutile. Il Sappe ha riferito inoltre che la donna, con un fine pena previsto nell'ottobre del 2030, era entrata in carcere poco dopo la metà di luglio e "da subito aveva rifiutato di assumere alimenti, di ricevere cure e sollecitazioni a mangiare, di farsi ricoverare in ospedale". La donna era sposata e aveva un figlio di 4 anni. Era stata portata nel carcere delle Vallette il 21 luglio dopo avere trascorso un lungo periodo agli arresti domiciliari: doveva scontare una pena detentiva inflitta da una corte di Catania per tratta e immigrazione clandestina.

Sappe: “Situazione sanitaria nelle carceri allarmanti”

Il segretario regionale del Sappe Vicente Santilli ha fatto sapere che “in Piemonte vi sono 13 istituti penitenziari sui 189 nazionali. La capienza regolamentare regionale stabilita per decreto dal ministero della Giustizia sarebbe di 3.999 reclusi, ma l'ultimo censimento ufficiale, al 31 luglio 2023, ne ha contati 4.036. Questa è dunque una delle regioni d'Italia con il maggior numero di detenuti. Le donne sono complessivamente 160”. Per Donato Capece, segretario generale del Sappe, "la situazione sanitaria nelle carceri resta allarmante e l'emergenza non è superata. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l'ordine e la sicurezza. Servono interventi concreti. Da decenni chiediamo l'espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per farli scontare le pene nelle carceri dei loro Paesi; chiediamo inoltre di prevedere la riapertura degli Ospedali psichiatrici giudiziari. Ma servono anche più tecnologia e più investimenti".

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Il legale: sottovalutata situazione 

"Dalle prime informazioni che abbiamo raccolto sembra che si sia verificato un crollo psicofisico cui non è stata prestata sufficiente attenzione. Per questo sono perplesso. E arrabbiato. Vedremo gli sviluppi", dice l'avvocato Manuel Perga, il legale della donna morta.

Garante: “Nessuno ci ha informato”

Monica Cristina Gallo, garante comunale per i diritti dei detenuti a Torino, ha detto: “Sono rammaricata, ma dal carcere non ci sono mai giunte segnalazioni relative al caso di questa persona. I nostri contatti sono regolari, eppure nessuno ci aveva informato. Probabilmente non sarebbe cambiato nulla. Però, almeno, avremmo potuto attivare le nostre procedure e tentare qualcosa. Provo rammarico perché le informazioni, in chiave preventiva, andrebbero scambiate. Credo che sia il minimo. Si tratta di salvare delle vite".

Cucchi: “Si faccia chiarezza su detenuta morta di fame”

Anche la senatrice Ilaria Cucchi è intervenuta sul caso: "Questa è una tragedia che non può essere tollerata in un Paese che si professa civile e democratico. Una morte di cui comunque è responsabile lo Stato che aveva in custodia la vita della vittima. Non capisco cosa c'entrano in questo i sindacati degli agenti. Chiedo venga fatta chiarezza anche per questo".

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