Il Club alpino italiano si è detto contrario alla rimozione delle croci già esistenti perché "sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino". Ma il presente "caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-ambientali" induce "a disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli sulle nostre montagne", si legge in un articolo pubblicato sul portale ufficiale Lo Scarpone
Lasciare le croci che ci sono già sulle vette delle montagne, ma non aggiungerne di nuove. È la posizione del Cai, Club alpino italiano, espressa in un convegno sul tema organizzato all'Università Cattolica di Milano e chiarita in un articolo pubblicato sul suo portale Lo Scarpone sulle polemiche scoppiate in merito alle croci in montagna.
Cai: "Non vogliamo rimuovere croci già presenti"
"Ogni notizia legata a una croce porta alla rapida formazione di schieramenti netti. Tale dinamica purtroppo intorbidisce il dibattito, trasformandolo in alterco su cui, purtroppo, non pochi tendono a speculare", si legge nell'articolo de Lo Scarpone. "Il Cai guarda infatti con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione". Il Cai è contrario alla rimozione "perché rimuoverle sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino, un'impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza. Ed è proprio il presente, un presente caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-ambientali, a indurre il Cai a disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli sulle nostre montagne". In conclusione, scrive l'associazione, "sarebbe interessante se, per una volta, il dibattito riuscisse a smarcarsi dalla logica del tifo per abbracciare il desiderio di ascoltare, comprendere e riflettere". Il Cai ha sostenuto questa posizione anche al convegno organizzato all'Universita' Cattolica di Milano, cui hanno partecipato monsignor Melchor Jose' Sa'nchez de Toca y Alameda, relatore del Dicastero delle Cause dei Santi, lo scrittore Marco Albino Ferrari in rappresentanza del Cai e il professore di diritto dell'ateneo Marco Valentini. La discussione, secondo quanto riferisce il Club alpino italiano, ha visto un punto di convergenza nella necessità di lasciare integre le croci esistenti e di evitare l'istallazione di nuovi simboli sulle cime.
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Assessore Lombardia: "Scelta sbagliata innanzitutto dal punto di vista culturale"
Sul tema è intervenuta Francesca Caruso, assessore alla Cultura della Regione Lombardia spiegando che "personalmente ritengo non condivisibile la posizione del Cai che prevede di non innalzare più nuove croci sulle cime delle nostre montagne". Secondo l'assessore si tratta di una "scelta sbagliata innanzitutto dal punto di vista culturale: il simbolo della croce, specialmente in cima alle Alpi e agli Appennini italiani, è custode innanzitutto di una storia e di una tradizione che da secoli hanno contribuito ad arricchire l'identità del nostro Paese. In quegli scenari mozzafiato, che costituiscono un patrimonio paesaggistico e naturalistico di straordinaria bellezza, le croci possono costituire per tutti, al di là del proprio credo religioso, un elemento culturale, e talvolta anche artistico, che si incontra lungo i propri cammini". Caruso si è poi augurata che "si possa approfondire la questione, instaurando un dialogo e ascoltando le voci di tutti. Sarebbe un errore compiere una scelta così netta magari per allinearsi a una 'moda' o ad alcune posizioni laiciste più estreme". Per l'assessore le "croci, così come tutti i simboli che caratterizzano l'identità di una comunità, dovrebbero essere strumenti di incontro, confronto e conoscenza anche tra diverse storie, tradizioni e confessioni religiose".