Scopelliti, ex governatore della Calabria: "Senza il carcere forse mi avrebbero ucciso"

Cronaca
Ketty Riga

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 “Ho subito una condanna ingiusta che però ho scontato fino alla fine con dignità”. L’ex Presidente della Regione Calabria - Giuseppe Scopelliti – parla per la prima volta dopo aver scontato la condanna a 4 anni e 7 mesi. “Il carcere è stata una prova durissima, mia mamma è morta senza sapere di avere un figlio in galera. Giorgia Meloni? In questi anni non l’ho mai sentita, ma io con la politica ho chiuso"

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È la mattina del 5 aprile del 2018, quando Giuseppe Scopelliti si costituisce nel carcere reggino di Arghillà: quella struttura che lui stesso, da governatore, qualche anno prima, aveva inaugurato alla presenza del Ministro dell’Interno. E così nel volgere di una notte per lui si spengono le luci della popolarità, del potere, delle ambizioni. È costretto a chiudere in un cassetto l’agenda, fino a qualche mese prima, fitta di impegni per ritrovarsi solo, in una cella con altri detenuti.

La dolorosa esperienza del carcere

“Ho fatto tante campagne elettorali. Ho viaggiato tanto. Ho dormito nei camper, negli alberghi, anche negli alberghi a 5 stelle. Poi mi sono ritrovato a dormire nel lettino della cella 16 della sezione Apollo del carcere di Arghillà. E lì devi fare una scelta: o rifiuti tutto oppure ti attrezzi mentalmente e fisicamente. Molte volte è capitato che qualcuno arrivava nella zona d’aria o in biblioteca e diceva: vi saluto, perché sto uscendo. E quello è un momento di grande felicità, perché pensi che prima o poi toccherà anche a te. E questo ti dà la forza e ti anima per andare avanti. 

 

Il carcere è un’esperienza molto dura, in cui fai i conti con te stesso, con la tua esperienza di vita e capisci cosa hai vissuto. Queste cose le racconto per inviare un messaggio positivo, di come cioè alcune cose si possono superare. Ho scontato tutta la pena che mi è stata inflitta, una pena che ho sempre ritenuto profondamente ingiusta, e l’ho fatto a testa alta, con grande dignità”. 

 

Gli anni gloriosi dell’enfant prodige della destra calabrese e italiana, acclamato ad ogni comizio, sono un ricordo lontano. Giuseppe Scopelliti, 56 anni, ex Presidente della Regione Calabria ed ex Sindaco di Reggio Calabria, è un uomo libero, come titola il suo libro scritto durante gli anni durissimi e, inimmaginabili, del carcere. 

 

“Oggi sono un uomo libero dall’odio, dalla paura, che punta a costruire una nuova vita, lontano dalla politica. Sono un uomo più forte, per aver dato prova di essere riuscito a superare un momento difficilissimo. Ma non nego le mie fragilità”. 

 

Le fragilità emergono in tutta la loro drammaticità nel racconto degli anni trascorsi in carcere. La voce rotta dall’emozione, gli occhi pieni di lacrime, la commozione “per mia mamma che è morta, senza aver mai saputo che il figlio era in carcere. Un dolore che non meritava e che le abbiamo voluto risparmiare”. 

 

“Il mio rammarico più grande è di non aver capito nel 2013 che era giunto il momento di chiudere con la mia esperienza politica in Calabria, per guardare altrove, magari a Roma o a Bruxelles. 

 

Invece aver insistito nel voler restare in questa terra, ha segnato la mia condanna: avevo avviato una “rivoluzione” che non piaceva alla cosiddetta borghesia mafiosa - fatta di quei pezzi delle istituzioni che camminano a braccetto con le ‘ndrine - e da lì è partita la mia demolizione. E oggi penso che avrebbe potuto andarmi molto peggio della condanna in carcere. Ho rischiato di essere ucciso, ho rischiato la mia vita”. 

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I contri truccati al Comune di Reggio Calabria ed il suicidio di Orsola Fallara

Dopo una lunga vicenda giudiziaria, la sentenza definitiva arriva nel 2018. La condanna è pesantissima: 4 anni e 7 mesi di reclusione per falso in atto pubblico. La vicenda è quella dei conti truccati al Comune di Reggio Calabria e strettamente legata alle autoliquidazioni milionarie della dirigente comunale Orsola Fallara, grande amica e fidata collaboratrice di Scopelliti, suicidatasi ingerendo dell’acido muriatico nel dicembre 2010, dopo una drammatica conferenza stampa.

 

“Non ho nulla di cui rimproverarmi, perché in una amministrazione comunale con 1200 dipendenti un sindaco non può avere il controllo di tutto. Da primo cittadino firmavo anche 300 o 400 incarichi: sapevo cosa firmavo, ma non a chi firmavo. Resta l’amarezza per aver chiuso tutti i rapporti con Orsola Fallara a novembre,  un mese prima del suicidio. Quando venni a sapere della vicenda delle autoliquidazioni provai a telefonarle. Lei non mi rispose. Mi scrisse un messaggio: scusa Giuseppe, non ti rispondo perché provo vergona. E io replicai: ti dovevi vergognare prima. E da lì chiusi tutti i miei rapporti, perché Lei aveva tradito la mia fiducia.

 

Nonostante tutte le falsità che sono state dette e scritte su questa vicenda, non ho mai avuto alcun dubbio sul suicidio: a dirlo sono soprattutto i magistrati e i medici che l’ebbero in cura la notte che arrivò in ospedale dopo aver ingerito l’acido muriatico. Sono sicuro che se non si fosse suicidata, Orsola si sarebbe presa le sue responsabilità fino in fondo e la mia vicenda giudiziaria avrebbe avuto un altro esito. Nonostante la condanna, non c’è uno straccio di prova che io abbia detto ad Orsola Fallara di truccare i bilanci”.

 

I magistrati del processo Fallara non hanno però mai creduto alla versione di Giuseppe Scopelliti, sostenendo invece che dietro ogni atto della dirigente del Comune ci sia sempre stata la mano dell’ex Sindaco. La Fallara – scrivono i giudici - non ha mai agito “in nome e per conto di sé stessa” poiché “se non avesse avuto il sindaco Giuseppe Scopelliti quale suo mentore e determinatore” non avrebbe potuto fare “sistematiche falsificazioni del bilancio”. Ed è con questa motivazione che l’ex sindaco si è poi ritrovato rinchiuso nella cella numero 16 del carcere di Arghillà. 

Il vice ministro delle Infrastrutture Edoardo Rixi durante la visita al cantiere di Genova Sestri Ponente, 20 marzo 2023.     ANSA/LUCA ZENNARO

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Il modello Reggio e gli anni di "Peppe Dj"

Giuseppe Scopelliti, insomma, non rinnega niente e non ammette alcun errore. Anzi rivendica quel “modello Reggio” che contribuì a portare la città alla ribalta nazionale tra concerti, manifestazioni, spettacoli, trasmissioni radiofoniche che gli valsero poi l’ironico appellativo di “Peppe DJ”.

“Nessun’ubriacatura in riva allo stretto e la mia non è stata una politica dell’apparenza che puntava all’immagine senza sostanza verso i problemi reali: una città turistica non può vivere senza eventi.   

Il buco di bilancio del comune di Reggio Calabria non partì dall’amministrazione Scopelliti ma dall’amministrazione precedente, l’amministrazione Falcomatà, e io in parte poi l’ho ereditato.   

Mi sento la coscienza a posto e non ammetto alcun errore. Anzi da cittadino oggi rilevo che sul bilancio 2019 del comune di Reggio Calabria la Corte dei conti dice testualmente che i conti sono stati truccati, sono state volutamente omesse alcune voci per far quadrare i conti”.  

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Le scuse alla famiglia e alla Calabria

Una lunga e brillante carriera politica quella di Giuseppe Scopelliti. Sempre col cuore a destra. Gli inizi nel Fronte della Gioventù, fino a diventarne il segretario nazionale nel 1993. Anni di militanza politica vicino a una giovanissima Giorgia Meloni, “che in questi anni non ho mai sentito, ma è l’unica, oggi, che può fare le giuste riforme per far crescere questo paese”. Poi nel 2007, diventa il sindaco più popolare d’Italia, con il 70% delle preferenze, quindi l’elezione trionfale a governatore della Calabria. Accanto a lui, negli anni ci sono Angelino Alfano, Silvio Berlusconi e soprattutto Gianfranco Fini “il mio Presidente, il politico che più mi è stato vicino in questi ultimi anni e che oggi vedrei benissimo, per la sua autorevolezza ed esperienza, come padre nobile della destra italiana”.

 

“Anni intensi, che porterò sempre nel mio cuore. Anche se poi alla fine hanno sottratto tanto tempo alla mia famiglia. A cui devo le mie scuse. Scusarmi invece con la Calabria? Ho sempre fatto il mio dovere, e forse l’unica cosa di cui dovrei scusarmi con i calabresi è di non essere riuscito a realizzare i miei e i loro sogni”.   

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