Mafia, Nino Di Matteo a Live In Napoli: "Cosa Nostra vuole abolizione del 41 bis". VIDEO

Cronaca

Il magistrato della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ribadisce la priorità dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata. "Oggi il nemico agisce in maniera silenziosa ed è più difficile da combattere". Sul caso Cospito: "Un passo indietro creerebbe un precedente pericoloso in un momento delicato". Critiche alla riforma della Giustizia concepita dal governo Meloni

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La cattura di Matteo Messina Denaro, il pressing per l'abolizione del 41 bis e l'importanza di mantenere viva la lotta a Cosa Nostra. Si parla anche di mafia nel corso di Live In Napoli, la due giorni che porta Sky TG24 fuori dagli studi televisivi e nelle principali piazze italiane. Ospite del secondo panel di giornata è Nino Di Matteo, oggi magistrato della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, dopo aver portato a termine il suo incarico nel Consiglio superiore della magistratura (LIVE IN NAPOLI. LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA). Ed è proprio dalla cattura di Messina Denaro che Di Matteo inaugura il suo intervento, per sottolineare le ambivalenti sensazioni generate dalla fine della latitanza del super boss.

"Coperture istituzionali alte hanno protetto Messina Denaro"

Se, da un lato, è innegabile la soddisfazione per un successo dello Stato, dall'altro non si può fare a meno di interrogarsi su quali siano stati i fiancheggiatori che hanno consentito a Messina Denaro di rimanere "latitante a casa sua" per tutti questi anni. "Il 16 gennaio resterà un giorno importante per il nostro Paese", dice il magistrato, "ma la realtà è che è vergognoso il fatto che sia stato in libertà per 30 anni il responsabile di sette stragi e chissà quanti altri crimini". "Come è stato possibile", si chiede Di Matteo, "che sia stato concesso a Messina Denaro di fare una vita 'normale' in un territorio presidiato dalle forze dell'ordine?" Ecco perché è importante scoprire quali siano state le coperture extra-mafiose che hanno reso possibile tutto ciò. "Non soltanto familiari e compaesani", dunque, ma, secondo Di Matteo, "coperture istituzionali alte", che hanno permesso al boss, come già accaduto per Provenzano, di scongiurare la cattura per decenni.

"La mafia oggi ha scelto una strategia della sommersione"

La mafia, d'altro canto, spiega ancora il magistrato, è un nemico sempre più difficile da sconfiggere, anche in virtù di una mutata "strategia della sommersione". Se, infatti, da sempre, l'obiettivo resta quello di intessere legami col potere, l'atteggiamento di Cosa Nostra è oggi più che mai orientato al rifiuto dello scontro frontale con lo Stato e alla scelta di comportamenti silenziosi e che generino minore allarme sociale, per penetrare con ancor più efficacia il mondo dell'imprenditoria e dell'alta finanza. Il tutto senza rinnegare le caratteristiche e gli obiettivi insiti nella natura di Cosa Nostra".

"Soggetti esterni a Cosa Nostra nell'ideazione delle stragi del 1993"

Sulla scorta di questi elementi, Di Matteo ricorda l'importanza del proseguire le indagini sulle stragi del 1993, sulla base anche degli elementi forniti dalla testimone di giustizia Marianna Castro, intervenuta a sua volta nel corso di un'intervista esclusiva a Live In. "Per cercare di comprendere le stragi del '93", spiega l'ex consigliere del Csm, "bisogna capirne l'unicità: per la prima volta, con le bombe di Roma, Firenze e Milano, non si vogliono colpire bersagli predeterminati, nemici storici, ma soltanto gettare nel panico l'intero Paese. Non si dimentichi che sono queste le prime stragi esguite fuori da territorio siciliano". "Azioni", prosegue Di Matteo, "per le quali è più che probabile il protagonismo di soggetti estranei forse anche nella fase di ideazione. Per Cosa Nostra e Totò Riina", infatti, "la campagna stragista di quegli anni è una vera e propria opzione politica". Ecco perché indagare su questi aspetti, "dovrebbe essere la priorità politica e sociale del Paese, anche se purtoppo non credo sia così".

"Il 41 bis è stato pensato come una misura di prevenzione"

I temi dell'ergastolo ostativo e del 41 bis, sollevati rumorosamente dal caso Cospito, invece, sono da sempre "snodi centrali nella contrapposizione tra Stato e mafia". "Alleggerimento e abolizione del 41bis", ricorda Di Matteo, "sono da sempre obiettivo della mafia, manifestato anche attraverso gli attentati del 1993". Va ricordato, tuttavia, il senso originario del 41 bis, non di per sé una misura "particolarmente afflittiva, ma piuttosto di prevenzione, per impedire che chi ha un ruolo direttivo in organizzazioni criminali lo possa mantenere dal carcere. Bisogna guardare al ruolo e alla possibilità di trasmettere ordini agli adepti e ai compagni. Ecco perché la situazione Cospito "è insidiosa, con una scelta dello Stato di alleggerire il 41 bis che creerebbe un precedente pericoloso in un momento delicato". Basti pensare, ricorda Di Matteo, "che sono almeno una dozzina i mafiosi in carcere, molti dei quali custodi di segreti su crimini efferati, che attendono di poter tornare in libertà".

"Riforma giustizia rischia di portare a una magistratura limitata"

In conclusione, Di Matteo ha espresso le sue perplessità sull'idea di riforma della giustizia portata avanti dal governo Meloni e, nello specificio dal Guardasigilli Nordio. "L'esecutivo prosegue nel solco di una riforma pessima come quella Cartabia, finalizzata non tanto a snellire le procedure, ma che sembra piuttosto tesa a  spuntare le armi ai magistrati che vogliono indigare su esercizio illecito del potere". "Di questo passo", prosegue, "il rischio è di avere una magistratura limitata, collatetale e asservente rispetto al potere politico. Cosa che sarebbe passo indietro gravissimo e porterebbe alla fine della stagione dei maxi processi". Critiche anche sulla stretta alle intercettazioni. "Non è vero che in Italia se ne fanno di più, dato che per dirlo si fa riferimento solo a quelle giudiziarie. Costano troppo? E quante ricchezze illecite sono state recuperate grazie a sequestri ottenuti attraverso le interrcettazioni? Quanti omicidi sono stati evitati? Mai come oggi, mafia e corruzione vanno a braccetto, per questo le intercettazioni restano uno strumento indispensabile".

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