8 Marzo, una madre su 5 lascia il lavoro dopo il primo figlio. I dati in Italia
CronacaLa maternità pesa sull'occupazione femminile più di quanto faccia su quella maschile. Dopo il parto, secondo dati Istat elaborati dall'Inail, soltanto il 53,9% delle donne tra i 25 e i 49 anni ha un lavoro. Anche per chi ce l'ha è difficile mantenerlo, evidenzia invece Inapp: soltanto il 43,6% delle occupate tra i 18 e i 49 anni continua a lavorare dopo la nascita di un figlio, percentuale che crolla al 29% nel Sud e nelle Isole
Essere madri pesa sulla possibilità di essere anche lavoratrici. In Italia il tasso di occupazione tra le donne tra i 25 e i 49 anni e con un figlio fino a sei anni si ferma al 53,9%, secondo dati Istat relativi al 2021 ed elaborati dall’Inail. La percentuale di lavoratrici senza figli sale invece al 73,9%. Incrociando questi numeri con quelli che emergono dall'indagine Inapp "Rapporto plus 2022. Comprendere la complessità del lavoro", presentata in occasione dell'8 marzo, emerge poi che per una donna su cinque il diventare madre è invece la causa della sua uscita dal mondo del lavoro. Solo il 43,6% delle occupate tra i 18 e i 49 anni continua a lavorare dopo la nascita di un figlio, con la percentuale che crolla al 29% nel Sud e nelle Isole. La motivazione prevalente (52%) è la conciliazione tra lavoro e cura, seguita dal mancato rinnovo del contratto o licenziamento (29%) e da valutazioni di opportunità e convenienza economica (19%).
Solo il 6,6% delle donne trova lavoro dopo il parto
Un altro dato importante che emerge dal report è che soltanto il 6,6% delle donne trova lavoro dopo essere diventata madre. Se si parla spesso della “fuga di cervelli” come di una delle forme più gravi di “dispersioni del capitale umano italiano”, non è quindi da meno il “mancato sostegno e valorizzazione dell'occupazione femminile", osserva il presidente dell’Inapp, Sebastiano Fadda. A peggiorare il quadro di uno Stato che è l’ultimo “per tasso di fecondità in Europa” - proprio “nel 2022 è stato toccato il minimo storico di 400 mila nuovi nati”, continua Fadda - è il fatto che “la maternità continua a rappresentare una causa strutturale di caduta della partecipazione femminile".
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Mancano i servizi per l’infanzia
Altri fattori che causano il calo della partecipazione femminile nel mondo del lavoro dopo la maternità sono le condizioni familiari, i servizi di welfare e il sistema dell’istruzione. Nei nuclei composti da un solo genitore, emerge dal rapporto Inapp, sono più elevate le quote di uscita dall'occupazione dopo la maternità. Si tratta del 23%, contro il 18% tra le coppie, anche se tra queste è maggiore la permanenza nella condizione di non occupazione: 32% contro il 20% tra i monogenitori. Resta il nodo della scarsa disponibilità e della poca accessibilità, anche economica, degli asili nido. La percentuale di intervistati che dichiara di non aver mandato i propri figli fino a tre anni all’asilo nido è del 56%, dato che conferma “la scarsità di servizi per la prima infanzia”, si legge nel rapporto. Tra coloro che invece mandano i figli al nido, poco meno della metà (48%) ha usufruito del servizio pubblico mentre una quota pari al 40% ha utilizzato un asilo nido privato e "al crescere del reddito disponibile aumenta il ricorso ai servizi di asilo nido privati”.
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Come conciliare lavoro e cura dei figli
Un quarto degli intervistati pensa che, per conciliare lavoro e cura dei figli, restino fondamentali orari e modalità di lavoro flessibili. Il 10% indica invece la possibilità di telelavoro o smart working. C’è poi il part-time, possibile soluzione giudicata più appetibile dalle donne rispetto agli uomini (12,4% e 7,9%). A far riflettere sul modello familiare è però un altro dato, quello relativo all’utilizzo dei congedi parentali: 68,6% per le donne contro il 26,9% degli uomini.