Stop alle auto benzina e diesel dal 2035, il parere degli esperti

Cronaca
©IPA/Fotogramma

Il parlamento europeo ha deciso di non permettere più la vendita di automobili diesel e benzina dal 2035, a SkyTG24 Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, il segretario nazionale di Fim-Cisl Ferdinando Uliano e il presidente dell'ASviS Enrico Giovannini hanno commentato questa decisione

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Stop alla vendita di veicoli diesel e benzina dal 2035. Questa è la decisione del parlamento europeo, che costringe tutta l'industria italiana e non solo a progettare in maniera differente il futuro. Ai microfoni di SkyTG24 sono intervenuti su questo tema Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, il segretario nazionale di Fim-Cisl Ferdinando Uliano e il presidente dell'ASviS Enrico Giovannini.

"Sfiducia nei confronti della tecnologia"

Il segretario generale di Motus-E, ha parlato delle problematiche che la vendita dell'elettrico ha in questo momento: “L’Italia è un’anomalia rispetto alla Francia, alla Germania e persino alla Spagna sul fronte del mercato delle auto elettriche. Secondo noi i problemi principali sono una generale sfiducia nei confronti della tecnologia, alimentata anche da informazioni parziali e da una politica incentivante che è stata altalenante nel tempo". Poi sul problema delle colonnine: "Noi abbiamo analizzato la situazione e abbiamo pubblicato il nostro report annuale, appurando come in realtà il numero di colonnine è piuttosto buono. Un incentivo adeguato è comunque la questione centrale”.

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"Il costo del non fare è molto alto"

Ancora Naso sul futuro: “Troppo spesso ci concentriamo sulla data, sul 2035, un numero che in Italia dobbiamo interpretare come possibilità di crescita. Per fortuna molte aziende della componentistica sono diventate eccellenze e addirittura sono cresciute, ricordiamo che il 60% dei componenti prodotti in Italia viene venduto anche all’estero. Dobbiamo attuare una politica europea comune che sia comparabile agli altri mercati, magari creando un fondo comune europeo per la riqualificazione delle imprese e per la formazione dei lavoratori. Noi abbiamo già fatto uno studio corposo e abbiamo un osservatorio ad hoc messo a disposizione del governo, è un osservatorio che ci dice come evolve l’ecosistema. Il costo del non fare è molto alto, ci sono tanti lavoratori che sono occupati in aziende che fanno componenti che possono essere utili anche per le auto elettriche”.

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"A rischio 75.000 posti di lavoro"

Si concentra soprattutto sulla situazione dei lavoratori il segretario nazionale di Fim-Cisl Ferdinando Uliano: “La situazione è drammatica, qui si rischia di perdere il posto di lavoro, e come non bastasse l’auto costa il 50% in più. L’auto elettrica diventa un lusso per le fasce medio basse dei consumatori, così c’è un corto circuito che rischia di determinarsi nel settore industriale. Bisogna mettere in campo un sistema di incentivi, è da tempo che è stata fissata la data del 2035, ma tante case automobilistiche già dal 2030 non produrranno più vetture endotermiche, di conseguenza anche la filiera intorno subisce dei contraccolpi. Se non incentiviamo l’acquisto delle auto elettriche il risultato sarà che perderanno il posto di lavoro 75.000 lavoratori". Qual è quindi la ricetta per il futuro? "Lavorare sugli incentivi, ma recuperare anche sulle fabbriche: noi abbiamo sempre detto al ministero che devono essere messe in atto politiche che consentono ad aziende che fanno motori e componenti che spariranno, che gli permettano di fare qualcosa di diverso, ad esempio componenti per costruire le macchine del futuro, ci vogliono investimenti importanti in questo senso. Dobbiamo formare i lavoratori che dovranno cambiare competenze, ci vogliono anche ammortizzatori sociali, una fabbrica che fa marmitte entro il 2035 sarà da ristrutturare”.

epa09199577 Vehicles are seen in a traffic jam leaving Madrid, Spain, 14 May 2021. Many travelers are expected to leave the cities in Spain on the first weekend after the State of Alarm due to the coronavirus pandemic was lifted 09 May 2021.  EPA/Juan Carlos Hidalgo

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Giovannini: “Sappiamo da 2 anni che sarebbe successo”

“Sappiamo da due anni che questo sarebbe successo”, ha detto Enrico Giovannini, presidente dell’ASviS ed ex ministro del governo Draghi. “L’esecutivo di cui facevo parte aveva previsto 1 miliardo di sussidi all’anno sia per la domanda sia per l’offerta. Spetta ai produttori fare la riconversione”. Giovannini ha aggiunto che “ci sono tante cose da fare, il ministro Urso ha detto giustamente che ora spetta a noi aiutare i produttori a fare questa transizione”.

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“Politica può creare sostegni alla transizione”

“C’è un rischio, come in tutte le grande transizioni tecnologiche”, ha aggiunto Giovannini sulla possibilità che ci siano lavoratori che potrebbero perdere il posto di lavoro. “Qui c’è una politica dietro, è la polita che può creare sostegni a quella transizione”. Per l’ex ministro ha anche aggiunto di credere che sia “scorretto lanciare allarmi esagerati, quanto piuttosto serve mettersi a lavorare perché il rischio sia minimizzato”.

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