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Audio Messina Denaro su Capaci, Maria Falcone: "Ho provato disgusto"

Cronaca
©IPA/Fotogramma

La sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci assieme alla scorta ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera: "Il pentimento del boss? Impossibile"

 

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Maria Falcone è disgustata dalle parole di Messina Denaro su Capaci. La sorella del magistrato si riferisce a un audio di una chat in cui il boss parla con due amiche e impreca contro le cerimonie organizzate per commemorare la strage di Capaci. In un’intervista al Corriere della Sera la donna non nasconde il suo disgusto. “Ovviamente per me non è nulla di nuovo: so bene di che razza di criminale sanguinario parliamo, ma non nascondo che il tono carico di violenza che ha usato mi ha creato molto disagio" ha commentato Maria Falcone.

 

"Il re ora è finalmente nudo"

"Superato il fastidio, però, ho fatto una considerazione – ha aggiunto la sorella di Flacone -: il re ora è finalmente nudo. Mi spiego: per settimane Messina Denaro, su diversi media, è stato raccontato come un latin lover di provincia e non come l’assassino stragista che è. Ho letto pure che in molti sono corsi a comprare giacconi simili a quelli che indossava il giorno dell’arresto, quasi a ritenerlo un personaggio da emulare. Ecco, spero che quest’audio così orribile serva a togliere dubbi a chi ne ha e a riportare tutti alla realtà", ha aggiunto.

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"Nessun ravvedimento è possibile"

Maria Falcone non pensa che il boss collaborerà: "Penso che sia così profondamente permeato dalla subcultura mafiosa che non farà mai questo passo. Un po’ come Riina e Provenzano, che sono stati poi i suoi alleati e i suoi modelli. Messina Denaro resterà fedele alla sua identità fino alla fine. Poi basta sentirlo parlare per rendersi conto che nessun ravvedimento è possibile".

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"Battaglia culturale unica strada per vincere questa guerra"

La sorella del magistrato ricorda che "tempo fa un mafioso intercettato invitava una amica a non mandare la figlia alle cerimonie. Questa per me è un’ulteriore prova dell’importanza del lavoro che tante associazioni antimafia fanno, specie con i giovani. La battaglia culturale è l’unica strada per vincere definitivamente questa guerra. E la mafia lo sa. Per questo non dobbiamo fermarci. I magistrati e le forze dell’ordine fanno la loro parte. Noi dobbiamo fare la nostra".

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