Per gli esperti incaricati dalla Procura di Verona alcuni bambini contagiati dal batterio potevano essere salvati. Le mamme dei neonati morti: "Nessun giustizialismo, ma dopo 3 anni vogliamo la verità"
Forse non tutti potevano essere salvati, ma alcuni sì. E’ il risultato della perizia che da qualche giorno ha in mano la Procura di Verona e che dimostra come fossero concreti i sospetti delle mamme che proprio ai nostri microfoni avevano denunciato quanto era accaduto nella terapia intensiva neonatale dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento, a Verona.
La perizia
Questa è l’ultima perizia, in ordine di tempo, dopo quelle volute della Regione Veneto e dal Ministero della Sanità, a scandagliare la vicenda del caso citrobacter, il batterio che dal 2018 al 2020 ha infettato almeno 91 neonati nell'Ospedale di Borgo Trento. Il citrobacter kaseri è un batterio che generalmente si annida nell'intestino e che può provocare lesioni gravissime, soprattutto quando colpisce il cervello, come nel caso dei 4 bambini morti a pochi mesi dalla nascita.
Tre fasi
Nelle pagine della perizia (che abbiamo avuto modo di visionare), gli esperti hanno suddiviso il caso in tre fasi. Se nella prima, anche alla presenza di infezioni gravi, non ci sarebbe stata la possibilità di sospettare la presenza di un focolaio di citrobacter, nella seconda il focolaio era dimostrato ed erano state adottate misure di contenimento che risultarono efficaci, ma che sarebbero state sospese nella terza fase.
approfondimento
Che cos'è il Citrobacter koseri
La testimonianza
Siamo all’inizio della pandemia da Covid-19, febbraio - maggio 2020. Secondo gli esperti, se la guardia fosse rimasta alta, ci sarebbero stati almeno due casi gravi potenzialmente evitabili. E’ stata Francesca Frezza, mamma di Nina, contagiata e uccisa dal citrobacter a 7 mesi alla nascita, il 18 novembre 2019, ad accendere i riflettori su quanto stava accadendo. Era il 12 giugno 2020. Solo allora la terapia intensiva neonatale venne chiusa. E ancora oggi Francesca si chiede cosa sarebbe accaduto, s non avesse deciso di denunciare. " Siamo di fronte a un altro momento di grande dolore e riflessione, soprattutto in questi giorni che ci avvicinano al Natale e che ci fanno sentire ancora più forte la mancanza dei nostri bambini - dice Francesca Frezza - Il pensiero va a questi bimbi che non ci sono e invece avrebbero potuto essere con noi. Premetto che nessuno vuole fare giustizialismo, crediamo fortemente nella magistratura e vogliamo che le indagini seguano il loro corso. Ma oggi chiediamo chiarezza, chiediamo verità. A tre anni dai fatti è giusto ricercare le eventuali singole responsabilità e che le singole resposablità vengano poi addebitate. Lo dobbiamo ai nostri figli. Lo dobbiamo a tutti quei bambini che oggi, è doveroso ricordare, sono al Mondo con gravissime disabilità, grandi deficit cognitivi e motori. Bambini ciechi o sordi, tragedie che si prolungheranno per chissà quanto tempo per queste famiglie".
approfondimento
Verona, caso Citrobacter: parla la mamma della neonata colpita
L'indagine
La Procura scaligera procede per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime in ambito sanitario. Di questi reati sono stati accusati, a vario titolo, sette tra medici e manager dell'Aoui (Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona). L’azienda si è affrettata a ribadire che "le responsabilità, ove sussistenti, andranno verificate nelle sedi opportune", e che "la valutazione dell’elaborato deve essere lasciata agli organi competenti, per il rispetto dovuto al dolore delle persone coinvolte". Adesso, dopo quasi tre anni di sospetti e domande, le famiglie chiedono che si faccia presto.