In attesa di leggere le motivazioni, che saranno depositate tra 90 giorni e faranno chiarezza sulle decisioni del Tribunale, il dispositivo di sentenza aiuta a formulare delle ipotesi sul calcolo fatto dai giudici. A differenza dei pm, hanno diviso i reati in due diversi filoni e ogni gruppo ha il vincolo della continuazione. Tutto ciò ha avuto grosse ripercussioni sulla quantificazione della pena. Ecco perché
L’accusa aveva chiesto 7 anni e 11 mesi, invece l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato condannato a 13 anni e 2 mesi di reclusione. Proviamo a capire il perché della decisione del Tribunale presieduto dal giudice Fulvio Accurso. In attesa delle motivazioni, che saranno depositate tra 90 giorni e faranno chiarezza sulle decisioni del Tribunale, ad aiutare a formulare alcune ipotesi è il dispositivo di sentenza, insieme ai capi d’imputazione.
La richiesta dei pm
Partiamo dall’accusa. I pm avevano chiesto per Lucano una condanna a 7 anni e 11 mesi. Tra le cose contestate all’ex sindaco, riporta il Fatto Quotidiano, c’è un lungo elenco di reati contro la pubblica amministrazione, la pubblica fede e il patrimonio: associazione per delinquere finalizzata a “commettere un numero indeterminato di delitti”, falso in atto pubblico e in certificato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, abuso d’ufficio e peculato. Non c’è il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: come spiega il Fatto Quotidiano, l’accusa - secondo cui Lucano aveva organizzato “matrimoni di comodo tra cittadini riacesi e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano” - è stata ritirata dai pm ancor prima di arrivare a sentenza. Alla fine, per l’accusa il reato più grave era la concussione, punita con una pena base compresa tra 6 e 12 anni. Ai 6 anni chiesti per la concussione, nella requisitoria i pm avevano aggiunto 23 mesi (uno ciascuno) per tutti gli altri reati che - avevano sostenuto - erano stati commessi sotto il vincolo della continuazione. Si ha il vincolo della continuazione quando una persona viola più disposizioni di legge, o la stessa disposizione più volte, “al fine di realizzare il medesimo disegno criminoso”. Lucano, secondo l’accusa, aveva violato più volte la stessa norma, anche se in tempi diversi, all’interno di un unico “disegno criminoso”. Si era arrivati, così, alla richiesta di 7 anni e 11 mesi.
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La decisione del Tribunale
Il Tribunale, però, ha assolto Lucano dal reato più grave, cioè la concussione e, a differenza dei pm, non ha fatto rientrare tutti i reati sotto il vincolo dello stesso “disegno criminoso”, ma ha sviluppato due diversi filoni. Tutto ciò ha avuto grosse ripercussioni sulla quantificazione della pena. Quando si parla di reati uniti dal vincolo della continuazione, spiega il Fatto Quotidiano, per calcolare la pena non si sommano le eventuali pene per ogni reato, ma si prende quella inflitta per il reato più grave (pena base) e la si aumenta al massimo fino al triplo (a prescindere dal numero dei reati). Ma se i filoni sono due, raddoppia la pena base e aumenta di conseguenza l’entità della condanna.
Il primo filone
Il primo filone è il più grave: ha prodotto 10 anni e 4 mesi di carcere e comprende 16 reati. Tra questi associazione per delinquere, che prevede da 3 a 7 anni di reclusione. Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, tra i 2 e i 7 anni di reclusione. E peculato (contestato in vari episodi e aggravato dal danno di rilevante entità), punito con una pena che va da 4 a 10 anni di reclusione. È questa, quindi, la pena più grave da cui i giudici sono partiti: essendo la pena minima del peculato di 4 anni, potevano spingersi fino a un massimo di 12 anni (il triplo di 4). Ma secondo molti addetti ai lavori, i giudici non sono partiti dalla pena più bassa di 4 anni ma da una più alta, forse perché il peculato per cui è stato condannato Lucano riguarda una somma altissima, quasi 800mila euro. A pesare, precisa il Fatto Quotidiano, è stata anche la riqualificazione, fatta d’ufficio dai giudici, di uno degli abusi d’ufficio nel reato più grave di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Il secondo filone
Ai 10 anni e 4 mesi del primo filone, poi, bisogna aggiungere la pena per altri cinque reati, staccati dal primo gruppo e uniti tra loro dal vincolo della continuazione. Tra questi reati c’è il falso in certificato, contestato a Lucano per aver rilasciato una carta d’identità a una cittadina nigeriana che non era residente a Riace. Ma in questo filone il reato più grave è l’abuso d’ufficio, che prevede una pena fra 1 e 5 anni: ammettendo che sia stata data la pena minima di 1 anno, il massimo a cui si poteva arrivare erano 3 anni. Così i giudici, per questo secondo filone, hanno inflitto 2 anni e 10 mesi di prigione. Sommando le pene dei due gruppi di reati si arriva a 13 anni e 2 mesi.
Si attendono le motivazioni
I giudici hanno deciso per Lucano, in solido con altri, anche la confisca di oltre un milione di euro. All’ex sindaco - così come agli altri 26 imputati - non sono state concesse le attenuanti generiche. Lucano è stato poi assolto per 9 capi d’imputazione. Al di là delle ipotesi, comunque, per capire nei dettagli come e perché i giudici siano arrivati alla condanna a 13 anni e 2 mesi bisognerà aspettare di leggere le motivazioni.