Ex Ilva, i sindacati incontrano l’azienda. Dal 28 giugno Cig per massimo 4mila dipendenti

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A un giorno dalla storica sentenza di condanna sulla gestione Riva dell'ex Ilva, oggi a Taranto un incontro tra sindacati metalmeccanici e Acciaierie d'Italia. Vari i temi sul tavolo: dai licenziamenti alla situazione delle imprese appaltatrici. Uilm Taranto: “È ora che lo Stato agisca in tempi rapidi". Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sul futuro dello stabilimento: "Dobbiamo aspettare la sentenza che arriva del Consiglio di Stato"

A un giorno dalla sentenza di condanna sulla gestione Riva dell'ex Ilva, stamattina a Taranto si è aperto un incontro tra sindacati metalmeccanici e Acciaierie d'Italia - la nuova società creata lo scorso aprile da ArcelorMittal Italia e da Invitalia - per provare a riprendere i rapporti dopo i conflitti degli ultimi giorni. All'ordine del giorno vari temi, che i sindacati metalmeccanici sintetizzano così: licenziamenti, definiti "discriminatori", integrazione salariale ai dipendenti di Acciaierie d'Italia in cassa integrazione, corresponsione dell'una tantum del 3% in base all'accordo del 2018, situazione delle imprese appaltatrici, definita "al limite del collasso", comandate in fabbrica durante gli scioperi. Acciaierie d'Italia ha comunicato alle organizzazioni sindacali e a Confindustria l'intenzione di ricorrere, dal 28 giugno e per un periodo presumibile di 12 settimane, alla Cassa integrazione ordinaria (Cigo) per un massimo di circa 4mila dipendenti.

Il comunicato di Acciaierie d'Italia

Acciaierie d'Italia spiega, in una nota a firma del dirigente Arturo Ferrucci, che gli effetti dell'emergenza epidemiologica "continuano ad avere riflessi in termini di consolidamento degli ordinativi e stabilità dei volumi produttivi. Nonostante nel generale contesto di mercato siano oggi percepibili segnali ottimistici nella crescente e maggiormente stabile domanda di acciaio, la società non è nelle condizioni di assicurare la totale e immediata ripresa in esercizio di tutti gli impianti di produzione e di completo assorbimento della forza lavoro". Per diversi mesi l'azienda ha fatto ricorso alla cassa integrazione con causale Covid chiesta per un numero massimo di oltre 8.100 dipendenti (l'intera forza lavoro ad eccezione della struttura dirigenziale) ma che in media non ha raramente superato le 3mila unità. L’azienda precisa ancora che "nel marzo del 2020, con l'inizio della pandemia Covid19, anche in accordo con le organizzazioni sindacali, ha dovuto fermare alcuni impianti di produzione. Per il sito di Taranto si è dovuto procedere alla fermata non programmata dell'Altoforno 2 che ha comportato la riduzione della capacità produttiva di ghisa di circa 5mila tonnellate al giorno". In seguito la società ha dovuto "riformulare - si evidenzia - i piani di intervento manutentivo sull'impianto Altoforno 4, non ulteriormente differibili per ragioni tecniche, tanto da prevederne l'esecuzione durante un periodo di circa 60 giorni nel periodo aprile-giugno 2021, con ulteriore 'mancata produzione' di circa 5mila tonnellate al giorno di ghisa". Per questo, nel sito di Taranto, la società - conclude Ferrucci - sarà interessata da una "sospensione e/o riduzione delle attività lavorative per il cui effetto richiede l'intervento della Cig ordinaria e le relative provvidenze".

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Il ministro Cingolani: "Aspettiamo la sentenza del Consiglio di Stato"

Del futuro dell'ex Ilva ha parlato oggi anche il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani: "Dobbiamo aspettare la sentenza che arriva del Consiglio di Stato e capire cosa succede. Io ho fatto un piano per togliere il carbone all'altoforno, elettrificarlo e passare subito al gas per abbattere la CO2 del 30%, sperando di essere velocissimi sull'ulteriore passaggio all'idrogeno. Se però non si potrà andare avanti, è ovvio che questa cosa la dovrò fermare. Taranto va tutelata a tutti i costi, però le sentenze ci diranno che cosa succederà. Per me prima viene la salute, poi viene il Pil, poi viene il resto".

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Sindacati: "È ora che lo Stato agisca"

“È ora che lo Stato agisca in tempi rapidi e dica qual è il futuro per Taranto - afferma Antonio Talò, segretario Uilm Taranto, a proposito degli sviluppi attesi ora dopo la sentenza - ci sono le risorse ma serve un progetto fattibile, credibile e che risolva per sempre il problema delle emissioni nocive. Il nostro appello dal presidente Draghi al ministro Giorgetti e al Governo tutto, è chiaro: se è vero che volete risolvere una storia che si trascina da 9 anni, battete un colpo, ora dovete farlo". "Adesso la politica assuma la responsabilità di atti consequenziali rispetto a questa storica sentenza - dicono inoltre il segretario Cgil Taranto, Paolo Peluso, e il segretario Fiom Cgil Taranto, Giuseppe Romano - e che finalmente si possa ridiscutere di ambiente e lavoro eliminando questa immorale scelta".

La posizione della Cgil al processo

Sul caso dell'ex Ilva, il 31 maggio sono arrivate le condanne nei confronti dei fratelli Riva, dell’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, e dell’ex presidente della provincia di Taranto, Gianni Florido. La Cgil si è costituita parte civile nel processo conclusosi ieri in Corte d'Assise e dichiara di averlo fatto "anche per un dovere di rappresentanza rispetto a coloro che sono le prime vittime di un atteggiamento industriale nefasto come dimostrato dalla sentenza di primo grado". Con i suoi avvocati, la Cgil ha assistito in giudizio circa 500 lavoratori ex Ilva che hanno ottenuto il riconoscimento di provvisionali dalla Corte.

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