Taranto, sentenza ex Ilva: condannati i fratelli Riva e Nichi Vendola

Cronaca
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La Corte d’Assise ha condannato gli ex proprietari e amministratori della fabbrica per il disastro ambientale prodotto dalla fabbrica. Le accuse sono quelle di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento e all’omissione dolosa di cautele. L'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, condannato a tre anni e mezzo per concussione: "Appellerò. Condannato senza un'ombra di prova". Tre anni all’ex presidente della provincia di Taranto Gianni Florido

La Corte d'Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'Ilva, nell’ambito del processo ribattezzato ‘Ambiente svenduto’, per il presunto disastro ambientale sull'inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico. Condannato a tre anni e mezzo l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e a tre anni l’ex presidente della provincia di Taranto Gianni Florido.

I fratelli Riva

I Riva rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. La pubblica accusa aveva chiesto 28 anni per Fabio Riva e 25 anni per Nicola Riva.

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Nichi Vendola

Vendola, accusato di concussione aggravata in concorso, ha già dichiarato che farà appello contro la sentenza. Secondo la tesi degli inquirenti avrebbe esercitato pressioni sull'allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far "ammorbidire" la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'Ilva. “Mi ribello a una giustizia che calpesta la verità. È come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avvallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo”, ha detto Vendola. I pm avevano chiesto una pena di 5 anni. 

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Gianni Florido

Anche l’ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido è stato condannato dalla Corte d’Assise. Tentata concussione e concussione consumata le accuse, per un totale di 3 anni di reclusione. Florido avrebbe commesso i reati in concorso con l’ex assessore provinciale all'ambiente Michele Conserva (condannato a 3 anni) e l'ex responsabile delle relazioni istituzionali dell'Ilva Girolamo Archinà (condannato a 21 anni e mezzo). I pm avevano chiesto 4 anni per Florido e Conserva, 28 anni per Archinà.

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L'ex dg dell'Arpa

Due anni all'ex direttore generale dell'Agenzia per l'ambiente (Arpa) della Puglia, Giorgio Assennato, accusato di favoreggiamento nei confronti dell'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Secondo l'accusa, Assennato avrebbe taciuto delle pressioni subite dall'ex governatore affinché attenuasse le relazioni dell'Arpa a seguito dei controlli ispettivi ambientali nello stabilimento siderurgico. Il pm aveva chiesto la condanna a un anno. Assennato, che ha sempre negato di aver ricevuto pressioni da Vendola, aveva rinunciato alla prescrizione. 

La posizione di Contramianto

"La lettura del dispositivo di sentenza della Corte di Assise di Taranto non lascia dubbi, e l'elenco dei colpevoli e delle pene racconta decenni di siderurgia del territorio ionico e delle conseguenze che i 'veleni della fabbrica' hanno avuto su lavoratori e cittadini morti e ammalati a causa delle esposizioni a cancerogeni e sostanze tossico nocive". Così l'associazione Contramianto, parte civile nel processo. Per Contramianto, "la sentenza è il punto da cui ripartire per dare giustizia e dignità alla popolazione di Taranto colpita da un inquinamento soffocante in un escalation di effetti con gravi danni anche mortali su uomini, donne e bambini".

Legambiente: “Sentenza storica”

L’associazione ambientalista Legambiente ha espresso la propria soddisfazione per la decisione dei giudici di Taranto. “Si tratta di una sentenza storica per il popolo inquinato di Taranto, che certifica che nel capoluogo ionico c'è stato un disastro ambientale, causato dalla proprietà dell'impianto, che la nostra associazione cominciò a denunciare già negli anni '80 quando lo stabilimento era ancora pubblico, e che ha procurato tanti malati e morti tra dipendenti e cittadini. Con questa sentenza di primo grado possiamo dire che eco giustizia è fatta, e che mai più si deve barattare la vita delle persone con il profitto ottenuto nel totale disprezzo delle leggi”, si legge in una nota dell’associazione firmata dal presidente nazionale Stefano Ciafani, dal direttore regionale Ruggero Ronzulli e del presidente del circolo tarantino Lunetta Franco. Legambiente, parte civile contro Ilva, riceverà 20mila euro di provvisionali per l’associazione nazionale e 50mila euro per la sezioni pugliesi e tarantine.

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