
Vicino a Grosseto sorge una piccola realtà di 300 abitanti che segue regole per la maggior parte distanti dalla società che la circonda. Condivisione, accoglienza, rifiuto del denaro sono gli aspetti che risaltano per primi. Il fotografo ne è stato ospite diverse volte, negli ultimi tre anni, per realizzare un progetto a lungo termine: "Essere una comunità li ha salvaguardati, anche durante l'emergenza", spiega.
Intervista per Lo Spunto Fotografico
di Chiara Piotto

Nomadelfia occupa quattro chilometri quadrati in provincia di Grosseto. Anche se in molti non ne hanno mai sentito parlare si tratta di una comunità cattolica storica: don Zeno Saltini l’ha fondata nel 1948 nello spazio che un tempo ospitava il campo di concentramento di Fossoli, con l’obiettivo di creare uno spazio di accoglienza per i bambini abbandonati dai genitori. La distanza dalle prime pagine dei giornali e le dimensioni contenute l’hanno però resa e mantenuta una “bolla” esterna alla società che viviamo tutti i giorni
Il sito di Enrico Genovesi
L’accoglienza è ancora oggi il valore che orienta le abitudini dei suoi 300 abitanti, insieme al Vangelo. Il nome stesso lo dice: unisce i termini greci nomos e adelphia e significa “Dove la fraternità è legge”. Per lo Stato è un'associazione civile organizzata sotto forma di cooperativa di lavoro; per la Chiesa è una parrocchia e un'associazione privata tra fedeli. Tutti i beni sono in comune, non si usa denaro e non si vendono beni, ma si scambiano e condividono

Il fotografo Enrico Genovesi ha realizzato questi scatti nel corso di oltre tre anni, per un lavoro a lungo termine che è ancora in corso. “Ho avuto il privilegio di frequentare la comunità per molto tempo e continuo a farlo tutt'oggi”, ci racconta. “Ho iniziato a lavorarci per un progetto collettivo nazionale sul tema della famiglia. Ero a conoscenza di questa realtà, non ne sapevo tantissimo ma a sufficienza per capire che sarebbe stato uno spunto interessante e adatto da seguire"

Il progetto dovrebbe essere pubblicato in un libro, in uscita nel 2021. In foto, il pranzo in uno degli 11 "gruppi familiari"; ciascuno è composto da 4-5 famiglie

Non essere più vissuto dalla comunità come “straniero”, racconta il fotografo, ha richiesto del tempo: “Sono strutturati per ospitare visitatori, ma solo un po’ alla volta la mia presenza si è trasformata da "elemento esterno" in altro”, dice Genovesi. “Si è innescato un clima di rispetto, di fiducia e di stima reciproca tale da farmi sentire come uno di loro. Ne sono nate sentite amicizie. Oramai mi muovo all’interno liberamente e senza accompagnatore”

L’impatto del Coronavirus su questa realtà non è stato nullo, ma attutito dall’essere “comunità”, racconta il fotografo: “Li ha un po' salvaguardati. Nelle fasi più drammatiche dell’emergenza hanno immediatamente chiuso alle visite. Distanziamento e controlli sono stati più agevoli da gestire rispetto al resto d’Italia, tanto che nella prima fase non hanno avuto alcuna ripercussione sanitaria. Successivamente, in estate, anche loro hanno riaperto ai visitatori ma in quantità limitata e controllata attraverso un test sierologico fatto in loco”
Il sito di Enrico Genovesi
Genovesi ci descrive una realtà in gran parte autonoma dal resto della società, ma “non chiusa, né fisicamente, né mentalmente”. La scuola, grazie ad una autorizzazione del Ministero dell'Istruzione, è gestita internamente alla comunità fino a un certo punto, dovendo però sostenere gli esami di Stato all’esterno come privatisti. “Quasi tutti i giovani partono per studiare all’università, per poi decidere liberamente se rientrare o costruirsi una vita al di fuori”

“Si diventa ‘nomadelfi’ soltanto per scelta dopo la maggiore età e dopo un periodo di prova chiamato ‘postulantato’ della durata di tre anni, non per il semplice motivo di essere nati all'interno della comunità”

Genovesi ha scelto il bianco e nero per questi scatti: "Sono abituato ad utilizzare entrambi i linguaggi, nella scelta cerco di farmi guidare dalla natura del lavoro e dal taglio interpretativo", spiega. "In questo caso con il bianco e nero, per sua natura atemporale, ho voluto sottolineare la storicità di questa realtà ultrasettantenne, che vive al di fuori della stretta contemporaneità"

Nell'immagine precedente, un momento di trasloco familiare: ogni tre anni la Presidenza scioglie i "gruppi familiari" per assemblarli con altre famiglie, per rendere ciascuno disponibile a vivere con tutti e a distaccarsi dalle cose. In questa foto, invece, un momento della vendemmia stagionale, tra i lavori definiti "di massa" perché coinvolgono a vario titolo tutti gli abitanti

Enrico Genovesi, classe '62, vive a Cecina e fotografa dal 1984 dedicandosi prevalentemente al reportage a sfondo sociale su storie italiane. I suoi lavori hanno vinto diversi premi e alcuni sono stati pubblicati in libri fotografici. Dopo aver collaborato con l’agenzia Grazia Neri di Milano è stato rappresentato da Emblema photoagency
Il sito di Enrico Genovesi
Lo Spunto Fotografico è la rubrica settimanale che unisce fotografia e informazione, curata da Chiara Piotto su Sky tg24. Ogni sabato selezioniamo un progetto legato a temi di attualità e intervistiamo l’autore. #LoSpuntoFotografico è anche su Instagram, con stories dedicate ogni sabato mattina. Le trovate in evidenza sull’account @skytg24
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