Mattia Maestri, il primo ricoverato per Covid-19 lo scorso 20 febbraio, a Repubblica: “Questi due mesi sono stati sconvolgenti, altro che un film. Il mio paziente zero resta un mistero, da mesi non ero andato all’estero”
“Ho perso conoscenza a Codogno pensando di avere una semplice polmonite e mi sono svegliato dopo venti giorni a Pavia, sopravvissuto al Covid-19” (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - LE GRAFICHE. È questo il racconto che Mattia Maestri, il 37enne “paziente 1” scoperto lo scorso 20 febbraio, fa a Repubblica dopo essere tornato a casa lo scorso 23 marzo. “Questi due mesi sono stati sconvolgenti, molto più che inimmaginabili, altro che un film - dice il ricercatore dell’Unilever di Casalpusterlengo - All’improvviso mi sono ammalato, sono arrivato ad un passo dalla morte e sono risorto. Sono rimaste contagiate e sono guarite mia moglie e mia mamma. Il virus sconosciuto ha ucciso mio padre. È nata infine Giulia, la nostra prima figlia” (FOTO SIMBOLO – IN ARRIVO L’APP PER IL TRACCIAMENTO DEI CONTAGI - I NUMERI DELL'ITALIA).
“Il mio paziente zero resta un mistero”
“Il mio paziente zero resta un mistero - racconta Maestri - Da mesi non ero andato all’estero, sempre la stessa vita: il lavoro a Casalpusterlengo e gli amici tra Codogno e il Lodigiano”. Tuttavia, spiega, il racconto della moglie della sua cena con un amico di Fiorenzuola rientrato dalla Cina è stato fondamentale: “L’amico non ha mai contratto il virus, ma il riferimento ha fatto accendere la lampadina dell’intuizione nella testa della dottoressa Malara” che “ha chiesto di farmi anche il tampone per coronavirus, che allora non era mai stato trovato in Europa”. “Quella cena è stata un miracolo - aggiunge - il 20 febbraio il Covid-19, ufficialmente, in Europa non aveva contagiato nessuno. Io sono ancora giovane e sportivo, eppure ero in fin di vita. Questa anomalia ha permesso di trovarlo e la scoperta non ha salvato solo me. Da quel momento ha permesso di diagnosticare il virus in migliaia di persone”.