Fondazione Open, dalle indagini alla richiesta di processo per Renzi: cosa sappiamo finora
CronacaNel 2019 è partita l'indagine sulla “cassaforte” che sosteneva l’attività politica di Matteo Renzi. Sotto esame 3,5 milioni di finanziamenti. I pm nel febbraio 2022 hanno chiesto il rinvio a giudizio per l'ex premier e altre 10 persone, tra cui Boschi e Lotti. Il leader di Italia viva denuncia i procuratori
Nata nel 2012 e chiusa nell'aprile 2018, in sei anni la fondazione Open ha raccolto diversi milioni di euro per finanziare le iniziative politiche di Matteo Renzi, tra cui anche la Leopolda. Ma sulle attività di Open a più di un anno dalla sua cessazione si erano accesi i fari della procura di Firenze e della Guardia di finanza. Dall'inchiesta si è arrivati a inizio 2022 alle richieste di rinvio a giudizio. Ecco cosa c'è da sapere sulla vicenda.
Cosa era la Fondazione Open
Erede della fondazione Big Bang, nata nel 2012 con lo scopo di supportare le attività e le iniziativa di Matteo Renzi fornendo contributo finanziario, organizzativo e di idee, Open, anche ribattezzata la 'cassaforte renziana', aveva chiuso i battenti da un anno quando nel 2019 emerse che la Procura di Firenze stava svolgendo accertamenti. Perquisizioni disposte nei confronti dell'ex presidente di Open, nonché ex legale di Renzi, l'avvocato Alberto Bianchi, portano ad acquisire carte e bilanci della fondazione nel cui consiglio direttivo sedevano anche Maria Elena Boschi (segretario generale), Luca Lotti e l'imprenditore Marco Carrai, e che sul proprio sito internet elencava i nomi dei finanziatori che avevano dato il consenso alla pubblicazione.
Le indagini
Le indagini, condotte dalla Guardia di finanza, poi si allargarono, arrivando a ricomprendere nel registro degli indagati lo stesso ex segretario del Pd poi leader di Italia Viva. La tesi di fondo dei magistrati fiorentini è che Open avrebbe agito come un'articolazione di partito, e che dal 2014 al 2018 nelle sue casse sarebbero arrivati oltre 3,5 mln di euro in violazione del norme sul finanziamento ai partiti. È questa l'accusa contenuta nella richiesta di rinvio a giudizio della Procura, avanzata il 9 febbraio 2022 nei confronti dell'ex sindaco di Firenze ed ex premier, considerato dai pm il direttore di fatto di Open e al quale per questo viene contestato il reato di finanziamento illecito ai partiti. Con Renzi il procuratore aggiunto Luca Turco e il pm Antonino Nastasi hanno chiesto il processo per altre 10 persone (tra cui tra cui i parlamentari Maria Elena Boschi e Luca Lotti e l'imprenditore Marco Carrai) e per quattro società: la Toto Costruzioni Generali spa, la Immobil Green srl, la British American Tobacco Italia spa e Irbm spa, già Irbm science park spa.
vedi anche
Inchiesta Open, procura chiede processo per Renzi e altri 10 indagati
Le richieste di rinvio a giudizio
I magistrati che hanno passato al setaccio i flussi di denaro finiti nella fondazione, nata per sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi, contestano, a vario titolo, i reati di finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Il leader di Iv è accusato di finanziamento illecito ai partiti in concorso con l'ex presidente, Alberto Bianchi, con i componenti del cda, Carrai, Lotti e Boschi e con l'imprenditore Patrizio Donnini. Contestazioni senza fondamento per il leader di Italia Viva: "Io non ho commesso reati, spero che i magistrati fiorentini possano in coscienza dire lo stesso", afferma, aggiungendo che si tratta di "un processo sulla politica" e annunciando che il 5 aprile pubblicherà un libro "con tutti i tentativi di dossieraggio, per esempio dei servizi, contro di me". Subito dopo la richiesta di rinvio a giudizio Renzi ha denunciato i tre magistrati inquirenti alla procura di Genova, competente ad indagare sulle toghe toscane. A suo avviso "non sono credibili" ed "hanno violato tre leggi. Chiedo che siano processati perché hanno violato la legge", ha aggiunto, ricordando il procedimento disciplinare del Csm contro Creazzo per abusi sessuali e l'accusa a Nastasi di aver inquinato la scena del crimine della stanza di David Rossi. Mentre di Turco, l'ufficio stampa del leader di IV ricorda che fu lui a volere l'arresto dei genitori di Renzi poi annullato.
Le altre accuse
Dovrà difendersi anche dall'accusa di corruzione Luca Lotti, all'epoca dei fatti sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e segretario del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica): per la procura si sarebbe adoperato affinché in Parlamento venissero approvate disposizioni normative favorevoli al concessionario autostradale. Per questi fatti oltre a Lotti sono accusati di corruzione Bianchi, l'imprenditore Patrizio Donnini e Alfonso Toto referente di Toto Costruzioni. Sempre Lotti poi si sarebbe adoperato su disposizioni normative in materia di accise sui tabacchi lavorati in favore della British America Tobacco, ricevendo in cambio tra l'altro finanziamenti a Open per oltre 250.000 euro. L'udienza preliminare davanti al gup di Firenze è fissata per il 4 aprile 2022.
leggi anche
Open, Renzi: i giudici sono cascati male, basta buonismo
Gli altri filoni
Che Open fosse un'articolazione di partito non ha comunque trovato concorde la Cassazione accogliendo uno dei ricorsi presentati da Marco Carrai per l'annullamento del sequestro di suoi documenti e pc confermato invece dal tribunale del riesame. Il 18 febbraio la suprema Corte è chiamata a pronunciarsi una terza volta sulla questione. Dell'inchiesta sulla fondazione Open resta poi aperto un altro filone, che vede indagate almeno altre due persone, l'avvocato veronese Luca Casagni Lippi e l'imprenditore cinematografico Alessandro Di Paolo. L'attenzione degli inquirenti si sarebbe incentrata su una serie di donazioni, per circa 200.000, erogate alla fondazione tra il 2016 e il 2017 da società tutte riconducibili a Di Paolo.