ArcelorMittal, inchiesta anche a Taranto. Gli operai dell’ex Ilva preparano la resistenza

Cronaca

Dopo i pm di Milano si muovono anche quelli tarantini, a seguito del ricorso dei commissari straordinari. L’ipotesi di reato è “distruzione di mezzi di produzione” e "fatti e comportamenti lesivi dell'economia nazionale”. I lavoratori contrari a chiusura degli impianti

Dopo la magistratura di Milano si muove anche quella di Taranto che apre una seconda inchiesta sull'addio di ArcelorMittal all'ex Ilva. Inchiesta nata dalla denuncia consegnata nella giornata di sabato 16 novembre dai commissari straordinari al Procuratore della Repubblica Carlo Maria Capristo e al procuratore aggiunto Maurizio Carbone. L'ipotesi di reato è “distruzione di mezzi di produzione” e “fatti e comportamenti lesivi dell'economia nazionale” addebitabili ad ArcelorMittal. Intanto sale il pressing dei sindacati sul governo perché non si vada solo sulla battaglia giudiziaria. “Serve una soluzione presto”, avverte il segretario del Pd Zingaretti e i dem tornano ad aprire sullo scudo penale (COS'È) se, dice Marcucci, l'azienda vorrà rispettare gli impegni del contratto. Ma Di Maio esclude piani B che siano "una via d'uscita" per Mittal. "Azienda torni al tavolo, è ancora in tempo", l'invito del ministro Provenzano. Intanto a Taranto gli operai si preparano alla resistenza contro la chiusura degli impianti. “Non li spegneremo”, dice la Fiom. (LE TAPPE DEL CASO ILVA - I NUMERI DELLA CRISI - I POSSIBILI SCENARI - L'IPOTESI DELL'INTERVENTO DELLO STATO)

Le prossime mosse dei pm

Lunedì prossimo, l'aggiunto milanese Maurizio Romanelli e i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici si incontreranno per mettere a punto l'atto della loro costituzione nella causa civile con cui ArcelorMittal chiede di recedere dal contratto di affitto dell'ex stabilimento e i commissari, con il loro ricorso cautelare, di fermarli per preservare l'azienda. Sempre la prossima settimana inquirenti e investigatori tarantini cominceranno a convocare una serie di testimoni per far luce sulla situazione del polo siderurgico. E questo alla luce dell'esposto presentato oggi - il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli ha ringraziato - nel quale si ipotizza sia stato violato l'art.499 del codice penale, in quanto si ritiene che il gruppo dell'acciaio con il suo quartier generale in Lussemburgo abbia messo in atto un processo di abbassamento della produzione degli impianti e di riduzione del loro calore. Processo che causerebbe un grave danno agli impianti e di conseguenza all' economia italiana poiché lo stabilimento di Taranto è strategico dal punto di vista nazionale "ex lege".

Cosa dice il ricorso

I pm di Milano intanto stanno predisponendo l'atto con cui "ravvisando un preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle necessità economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale" eserciteranno il "diritto-dovere di intervento" a sostegno dell'ex Ilva. Per lunedì è fissato un mini vertice per limare il documento da presentare già forse il giorno dopo. Già il 18, inoltre, potrebbe essere fissata la data dell'udienza - si prevede tra 10/15 giorni - per trattare il ricorso d'urgenza depositato venerdì. Proprio il ricorso con cui si chiede di adottare in tempi brevi provvedimenti in grado di preservare la continuità della produttività, quanto meno per tutta la durata del processo civile, indica una serie di elementi significativi su cui indagare. In particolare se sia in corso o meno un "depauperamento" del ramo d'azienda che gli anglo-indiani vogliono retrocedere. Considerato che, si evidenzia nel ricorso, la situazione di impianti, magazzini e portafoglio clienti non è più uguale a quella di quando il polo siderurgico è stato consegnato ad ArcelorMittal. Anzi, le modalità affrettate di restituzione rischiano di causare danni irreparabili al ciclo produttivo e di distruggere l'azienda.

Le mobilitazioni dei sindacati

Il 4 dicembre intanto si avvicina e la soluzione sembra lontana ma gli operai dell'ex Ilva non vogliono rendersi complici della morte della fabbrica. Due settimane per resistere al cronoprogramma di sospensione degli impianti consegnato da ArcelorMittal che ha fatto scattare il conto alla rovescia. E l'idea dell'insubordinazione annunciata ieri dal leader della Uilm Rocco Palombella, per non spegnere gli impianti viene rilanciata anche oggi da Francesco Brigati, coordinatore delle Rsu Fiom dell'ex Ilva e componente della segreteria provinciale della Fiom, che parla dell'ipotesi di "una sorta di sciopero al contrario". Anche se, precisa, "ogni decisione comunque andrà condivisa con le altre sigle e i lavoratori". Le Rappresentanze sindacali unitarie dei sindacati metalmeccanici hanno convocato per lunedì mattina, alle ore 11, il consiglio di fabbrica dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal di Taranto, allargato ai delegati sindacali delle imprese dell'indotto, per decidere eventuali iniziative di mobilitazione. Brigati afferma che si stanno "prendendo in considerazione anche modalità che sarebbero diverse dalle forme solite, come manifestazioni classiche o scioperi".

Provenzano: "Azienda torni al tavolo, è ancora in tempo"

Su Facebook interviene anche il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano: ok alle contromisure urgenti in sede giudiziaria per ArcelorMittal, "ma la via maestra è chiedere all'azienda di tornare sui suoi passi. È ancora in tempo per tornare al tavolo col governo, un governo pronto a togliere gli alibi ma non a cedere ai ricatti, specialmente sul destino dei lavoratori, quei lavoratori che hanno votato e sottoscritto quegli accordi con la proprietà”, scrive. "Se non volesse farlo - osserva Provenzano - dovrebbe trovarsi contro un Paese capace di riscoprire l'orgoglio della sua vocazione industriale, di tutelare con ogni mezzo i suoi interessi nazionali, di reagire con forza all'atteggiamento inaccettabile di una multinazionale, proprio perché esiste un altro modo di essere e fare impresa". Per il ministro "nulla può giustificare la scelta dell'azienda di sottrarsi (cosa che fa da tempo) agli impegni sottoscritti, o ancor peggio a mettere ora in atto, con il deliberato programma di spegnimento dei forni e il mancato approvvigionamento dei minerali, un comportamento gravemente lesivo dell'interesse nazionale". "Io continuo a non capire per quale ragione non rimettono questo cavolo di scudo anche solo per avere una posizione giuridica più forte", scrive su Twitter l'eurodeputato ed ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda.

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