L'indagine della procura di Perugia nei confronti dell'ex presidente dell'Anm Luca Palamara ha sollevato il velo su veleni e guerre nella magistratura italiana, innescando dimissioni a catena. E riaprendo il dibattito su una possibile riforma del Csm
COM'E' INIZIATA
E' il 29 maggio 2019 quando si diffonde la notizia che la procura di Perugia sta indagando (l'ipotesi è corruzione) sul magistrato Luca Palamara, ex presidente dell'Anm (il sindacato dei magistrati) ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura nella consilatura 2014-2018 ( fino alle elezioni di luglio 2018: PIERCAMILLO DAVIGO ELETTO TRA I MEMBRI TOGATI - DAVID ERMINI E' IL NUOVO VICEPRESIDENTE DEL CSM). Dell'indagine, spiegano Corriere della Sera e Repubblica, la procura di Perugia ha appena avvisato il Csm, che in quei giorni si appresta a nominare, oltre al nuovo procuratore capo di Roma al posto dell'uscente Giuseppe Pignatone, anche due nuovi aggiunti nella procura della Capitale: favorito a diventare uno dei due è proprio, in quel momento, Luca Palamara. L'indagine è solo il primo di molti elementi che emergeranno nelle settimane successive, contribuendo a gettare molte ombre sul funzionamento della magistratura italiana al suo interno.
L'INDAGINE DI PERUGIA SU PALAMARA
La procura di Perugia, competente per le indagini sui magistrati della Capitale, indaga su Palamara per corruzione: l'ipotesi è che il magistrato romano abbia favorito o tentato di favorire alcune nomine in cambio di viaggi, soldi e regali. Tra i suoi committenti - sempre secondo l'ipotesi della procura perugina - emergono i nomi di Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone e già arrestato per frode fiscale, e di Piero Amara, avvocato coinvolto da altra inchiesta della procura di Roma per sentenze “aggiustate” della magistratura amministrativa (Tutti gli addebiti della procura di Perugia nei confronti di Palamara). Le carte da cui prende avvio l'indagine di Perugia sono state trasmesse dall'aggiunto della procura di Roma Paolo Ielo. Oltre a Luca Palamara la procura di Perugia indaga anche sul componente togato del Csm Luigi Spina per rivelazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento e, in concorso con questi, sul pm di Roma Stefano Rocco Fava: sarebbero stati loro a informare Palamara dell' indagine a suo carico da parte della procura perugina. E Palamara si sarebbe mosso - come emergerà dalle intercettazioni - per tentare di condizionare le scelte dei nuovi vertici di alcune procure, compresa quelle di Roma e la stessa Perugia. Fava, poi, pur avendo lavorato con Paolo Ielo ha presentato un esposto alla procura di Roma contro di lui e contro l'ex capo Giuseppe Pignatone per conflitto di interessi. Dopo la diffusione della notizia sulle indagini, il 1 giugno, Palamara si autosospende dall'Anm, Luigi Spina si dimette dal Csm. Il 12 luglio la sezione disciplinare del Csm sospende Palamara dall'esercizio delle sue funzioni.
I LEGAMI CON LA POLITICA
Dalle intercettazioni raccolte attraverso un trojan installato sul telefono di Luca Palamara, si scopre di riunioni segrete del magistrato con altri membri del Csm, togati e non, e con esponenti del mondo politico, per accordarsi su nomine e assegnazioni di posizioni in particolare nelle procure di Roma, Perugia e Brescia. Secondo l'indagine della procura di Perugia l'obiettivo di Palamara sarebbe stato in particolare ostacolare Paolo Ielo, colpevole di aver trasmesso a Perugia le carte dell'accusa di corruzione nei suoi confronti. Tra i politici partecipanti emergono i nomi dell’ex ministro Luca Lotti e dell’ex sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, entrambi del Partito democratico. Lotti, scrivono i principali quotidiani, sarebbe intenzionato a vendicarsi di Pignatone e Ielo che hanno chiesto il suo rinvio a giudizio nel caso Consip. Mentre tra i membri del Csm avrebbero partecipato Gianluigi Morlini (appartenente alla corrente Unicost) e Paolo Criscuoli, Corrado Cartoni e Antonio Lepre (tutti di Magistratura indipendente).
L'INARRESTABILE CATENA DI DIMISSIONI
Il 3 giugno l'Anm, dopo una riunione a Milano, chiede "con forza" le dimissioni dei componenti del Csm coinvolti. Il giorno dopo Morlini, Criscuoli, Cartoni e Lepre si autosospendono dal Csm. La posizione che filtra dal Quirinale (il Capo dello Stato Mattarella è anche presidente del Csm, ndr) anche attraverso il vicepresidente David Ermini è che i consiglieri coinvolti, anche se non indagati, si facciano da parte. Morlini e Criscuoli si dimettono il 12 giugno e Mattarella indice elezioni suppletive per sostituirli, a ottobre. Lepre si dimette il 13. Da ultimo, Cartoni il 15 giugno. Nel frattempo il giorno prima anche Luca Lotti si è autosospeso dal Pd. La bufera investe anche l'Anm: il 16 giugno porta alle dimissioni del presidente Pasquale Grasso, accusato di essere stato troppo morbido con gli aderenti alla sua corrente, Magistratura indipendente. A sostituirlo il vice Luca Poniz. Lo scandalo finisce per lambire anche la Corte di Cassazione, con il Procuratore generale (e come tale membro di diritto del Csm) Riccardo Fuzio che annuncia il 4 luglio la decisione di andare in pensione in anticipo. Una scelta - formalizzata dopo un colloquio con il Capo dello Stato Mattarella - arrivata a seguito della diffusione di conversazioni in cui Fuzio parlava con Palamara tanto dell'inchiesta a suo carico quanto della nomina del nuovo procuratore di Roma. Giusto in tempo: il giorno dopo Fuzio è iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Perugia per rivelazione di segreto d'ufficio.
LE CORRENTI E LA POSSIBILE RIFORMA
Per capire la portata di quanto sta succedendo nel mondo della magistratura occorre osservare che la categoria è storicamente divisa al suo interno in correnti, che sono in qualche modo speculari ai partiti politici: Luca Palamara è anche il leader di Unicost, corrente centrista della quale fanno parte anche Luigi Spina e Gianluigi Morlini. Il deputato Cosimo Ferri è un giudice in aspettativa ed è un nome forte della corrente Magistratura indipendente, di cui fanno parte anche Cartoni, Criscuoli e Lepre. Le nomine e le promozioni, in virtù della autonomia della magistratura, sono decise appunto dal Csm sulla base di logiche politiche interne animate da queste correnti, che di volta in volta si alleano con i membri non togati (politici scelti dal parlamento) che compongono il Consiglio superiore della magistratura. Le notizie emerse a partire dal caso Palamara hanno sollevato il velo su logiche spartitorie e su veleni personali. Da lì si è riaperta la discussione sulla possibilità di cambiare le regole interne e i metodi di elezione stessa dei membri del Consiglio superiore della magistratura.