Dopo che il gip minorile ha disposto il carcere per i sei minorenni, la stessa misura cautelare è stata confermata per i due maggiori di 18 anni. Gli indagati sono accusati delle vessazioni condotte nei confronti di Antonio Stano, il pensionato morto lo scorso 23 aprile
I due maggiorenni coinvolti nell'indagine sulle violenze compiute ai danni di Antonio Stano, il 66enne di Manduria morto il 23 aprile scorso, restano in carcere. Nonostante il gip del Tribunale di Taranto non abbia convalidato i fermi (ritenendo non sussistente il pericolo di fuga), ha emesso nei loro confronti un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nel farlo, il giudice ha quindi condiviso il quadro accusatorio della Procura, anche in relazione al reato di tortura. Stessa decisione è stata adottata ieri dal gip minorile che ha mandato in carcere i sei minorenni perché “potrebbero inquinare le prove o ripetere gesti violenti”.
“Stano braccato dai suoi aguzzini”
"Stano è stato fatto oggetto di un trattamento inumano e degradante, braccato dai suoi aguzzini, terrorizzato, dileggiato, insultato anche con sputi, spinto in uno stato di confusione e disorientamento, costretto ad invocare aiuto per la paura e l'esasperazione di fronte ai continui attacchi subiti e, di più, ripreso con dei filmati (poi diffusi in rete nelle chat telefoniche) in tali umilianti condizioni", scrive il gip del Tribunale ordinario, Rita Romano. I filmati, continua il giudice, “erano divenuti merce di scambio tra i diversi giovani che li ricevevano sui loro telefoni o vi si imbattevano in Internet". "Non vi è dubbio” che queste condotte sono state "perpetrate in danno di un soggetto affetto da disabilità mentale che viveva in un evidente stato di abbandono, di disagio sociale e che, pertanto, versava in un chiaro stato di minorata difesa", è la conclusione del gip.
"Pestaggi con bastoni sincronizzati e rodati"
I pestaggi con i bastoni, scrive ancora il gip, avevano "un sincronismo che induce a ritenere che si trattasse di un sistema ormai rodato e ben noto a ciascuno dei partecipanti". Dai filmati e dalle indagini compiute dalla Polizia emerge - rileva il giudice - che uno degli indagati "mostra una certa disinvoltura nel fare ingresso per primo all'interno dell'abitazione della vittima dove tutti gli aggressori, in maniera fulminea, raccolgono dei bastoni che si trovano già presso l'appartamento in questione e, senza attendere neppure un secondo, all'unisono incominciano l'azione aggressiva". Secondo il giudice, il gruppo dei giovani ora in carcere "tormentava Antonio Stano con continue vessazioni". Stano "da anni - prosegue il gip - era oggetto di atti di dileggio e di angherie di varia natura, dagli insulti agli atti vandalici in danno della sua abitazione, più volte violata da gruppi di giovani che vi avvicendavano nell'infierire" contro di lui, "agli atti di violenza fisica e verbale effettivi (calci, pugni, schiaffi, percosse con bastoni, sputi) o soltanto simulati per incutere disorientamento, timore e disperazione nella persona offesa".
Indagati “inaffidabili e senza freni inibitori”
Per i motivi citati, il gip ritiene quindi “la misura della custodia cautelare in carcere” come “adeguata alla gravità dei fatti, avendo gli indagati dimostrato notevole inclinazione alla consumazione di reati, totale inaffidabilità e completa assenza di freni inibitori", scrive, parlando della necessità di "garantire le esigenze di tutela della collettività stante la personalità dei due indagati". Secondo il giudice, i nuclei familiari dei due "hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i due giovani", da qui la decisione di escludere la concessione degli arresti domiciliari per il rischio che comportamenti simili si ripetano.
Le vessazioni nei confronti del 66enne
Gli otto giovani sottoposti a fermo dalla polizia per la morte del pensionato sono stati sentiti ieri durante gli interrogatori per la convalida dei fermi. Dopo l’incontro con gli inquirenti, i loro difensori hanno detto che i ragazzi sono "dispiaciuti" delle atrocità commesse e filmate ai danni del 66enne. Episodi che si sono ripetuti a lungo nel tempo e di cui in molti, in città, sapevano. L’uomo, che soffriva di un disagio psichico, è stato aggredito in strada e in casa più volte. Vessazioni che venivano spesso filmate e condivise in una chat di gruppo.