Convalidato il fermo per reati di associazione con finalità di terrorismo, istigazione e apologia del terrorismo. Secondo gli inquirenti era in contatto con una cellula operativa del Daesh in Somalia. In un'intercettazione dice: "Mettiamo bombe nelle chiese italiane"
Il 20enne somalo arrestato a Bari lo scorso 13 dicembre per terrorismo internazionale è ritenuto dalle agenzie per la sicurezza Aisi e Aise come affiliato all’Isis in Somalia e in contatto con una sua cellula operativa dello stesso Daesh. È quanto emerge dalle indagini della Digos della Questura di Bari, coordinate dalla Dda sotto il coordinamento a livello centrale del Servizio per il Contrasto al Terrorismo Esterno della Dcpp/Ucigos con il supporto dell'Aisi e dell’Fbi. Tra le intenzioni del giovane, a cui è stato convalidato il fermo, c'era quella di attaccare la Basilica di San Pietro nel giorno di Natale. Intanto dalla riunione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica emerge che l’attenzione degli apparati di sicurezza italiani "rimane alta dopo i fatti di Strasburgo": è previsto un incremento dei servizi di vigilanza nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti e il monitoraggio di altri luoghi sensibili come monumenti ed edifici di culto.
"Esaltazione al martirio sui social"
I dati in possesso degli inquirenti hanno consentito di documentare la "totale adesione dello straniero all'ideologia del cosiddetto Stato islamico - spiegano gli inquirenti - e la sua organicità alla componente armata somalo-keniota di Daesh". Sui social, in particolare Facebook, il giovane avrebbe diffuso foto e post di "esaltazione al martirio" e sono stati raccolti elementi relativi all'attività di "intenso indottrinamento su un altro straniero in corso di identificazione, al quale - dicono gli investigatori - impartiva vere e proprie istruzioni teorico-operative sul concetto di jihad armato".
"Mettiamo bombe a tutte le chiese d'Italia"
Tra le prove fornite dagli inquirenti contro il giovane somalo, anche alcune conversazioni in cui il ragazzo progettava atti terroristici:"Mettiamo bombe a tutte le chiese d'Italia. La Chiesa più grande dove sta? Sta a Roma?". È una delle frasi intercettate dalla Dda di Bari. "L'urgenza di eseguire il provvedimento restrittivo - spiegano gli investigatori - è stata dettata dai riferimenti all'elaborazione di possibili progettualità ostili in relazione alle imminenti festività natalizie e alle chiese, in quando luoghi frequentati solo da cristiani". Stando alle intercettazioni giunte agli investigatori, il ragazzo avrebbe detto che: "Il 25 dicembre adesso è ravvicinato. Il 25 è Natale...dei cristiani...le chiese sono piene". Secondo gli inquirenti, "l'intenzione di recarsi a Roma in concomitanza del Natale" si evince dal dialogo captato tra il primo e il 9 dicembre: "Mamma mia...ecco la Chiesa", dice il cittadino somalo aprendo "con ogni probabilità sul display del proprio smartphone la foto di San Pietro". "Però non è facile - gli risponde il suo interlocutore - sai com'è là il 24 e il 25 a Natale, che sta Papa, e tanta gente, è pieno pieno pieno". "È buono - dice il 20enne somalo - persone...pericolose, è buonissimo".
"Se Dio vuole, bisogna farlo"
"Se Dio vuole, se serve alla causa, bisogna farlo". Ha risposto così alle domande degli inquirenti, durante l'udienza di convalida del fermo che si è svolta oggi, 17 dicembre. Il ragazzo era stato bloccato e condotto in carcere a Bari lo scorso 13 dicembre per i reati di associazione con finalità di terrorismo, istigazione e apologia del terrorismo, aggravate dall'utilizzo del mezzo informatico e telematico. Con riferimento alle conversazioni in cui diceva di "uccidere e ammazzare i cristiani", l'indagato ha detto che "se serve alla causa bisogna farlo". Non si definisce un terrorista, probabilmente un soldato anche se non ha usato questa parola - ha riferito il procuratore aggiunto di Bari - ma spetta a noi il compito di interpretare e giudicare".
Procuratore: "Il ragazzo non ha negato nulla"
Lo stesso procuratore ha sottolineato che il presunto terrorista "non ha negato nulla delle circostanze di fatto che sono state accertate: chat, conversazioni, cose dette e scritte, ma ne ha dato una lettura diversa". "Negli ultimi anni - ha aggiunto il magistrato - i legislatori di tutto il mondo hanno compreso che non si può aspettare l'atto terroristico". Il fermo d'urgenza si era reso necessario, all'indomani dell'attentato di Strasburgo, per alcune fotografie relative al Vaticano che il 20enne aveva scaricato da Internet. Sabato mattina, assistito da un difensore di fiducia e da un interprete, l'indagato ha reso interrogatorio in carcere nel l'udienza di convalida dinanzi al gip. Ha risposto per circa due ore alle domande del giudice e del pm della Dda di Bari che coordina le indagini, Giuseppe Maralfa, contestando le accuse di terrorismo.