Caso Cucchi, carabiniere: colonnello mi mandò note di salute alterate

Cronaca
L'avvocato della famiglia Cucchi mostra una foto di Stefano (Ansa)

Il luogotenente Colombo sostiene che Cavallo, all'epoca numero due del Gruppo dei carabinieri di Roma, gli inviò i documenti già alterati. È quanto emerge da un’intercettazione della Procura nell’inchiesta sul falso in cui sono indagate sei persone

Emergono nuove intercettazioni nell’inchiesta sul falso per la morte di Stefano Cucchi. In una telefonata, il luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza dove il geometra 31enne restò per alcune ore dopo l’arresto, il 16 ottobre 2009, afferma che il tenente colonnello Francesco Cavallo, all’epoca numero due del Gruppo dei Carabinieri di Roma, gli mandò le note che attestavano lo stato di salute di Stefano alterate: "Me le mandò già cambiate". È quanto emerge dalla trascrizione contenuta nelle carte depositate dalla procura di Roma.

L’intercettazione

Nell'intercettazione Colombo sostiene con l'interlocutore che il superiore, ovvero il tenente colonnello Francesco Cavallo, gli "ritrasmise già modificate alcune parti" relative allo stato di salute di Stefano Cucchi. Dunque la Procura ipotizza che Cavallo non si limitò solo a chiedere di modificare le annotazioni sullo stato di salute, ma materialmente intervenne con le variazioni. Entrambi sono indagati. Stamattina si è aggiunta agli atti del processo anche un'altra telefonata: un carabiniere chiamò il 118 per chiedere aiuto, dopo essersi accorto che Cucchi stava male.

L'inchiesta sul falso

Sono sei le persone indagate nel filone dell’inchiesta che riguarda il falso. Tra i militari dell'Arma, oltre al maresciallo Roberto Mandolini (imputato nel processo ora in corso), a Francesco Di Sano, in servizio a Tor Sapienza all'epoca dei fatti, al maggiore Luciano Soligo e al luogotenente Massimiliano Colombo, c’è anche il tenente colonnello Francesco Cavallo, all'epoca capo dell’ufficio di comando del Gruppo carabinieri di Roma. Anche un avvocato è indagato: si tratta di Gabriele Giuseppe Di Sano. Il procedimento sta portando alla luce una storia, come ha rivelato il pm, "costellata di falsi, da dopo il pestaggio e proseguita in maniera ossessiva anche dopo la morte del giovane geometra". 

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