Malnutriti e picchiati, le storie dei minori sbarcati dalla Diciotti

Cronaca

Tra i giovani che sono stati fatti scendere dalla nave il 22 agosto, c’è chi è in viaggio anche da 3 anni. Hanno subito vessazioni e continue richieste di denaro. Il più piccolo ha 14 anni, il più grande 17

Amina, Samuel, Samir. Sono questi alcuni nomi dei minori non accompagnati che sono stati fatti sbarcare il 22 agosto dalla nave Diciotti a Catania, dopo esser stati diversi giorni fermi, in attesa di indicazioni, nel porto siciliano. Le loro sono storie di chi ha alle spalle viaggi lunghi e faticosi. Fatti spesso a piedi o attraverso i trafficanti. Il più piccolo ha 14 anni, il più grande 17. Tra di loro c’è chi è in viaggio anche da 3 anni per scappare dalla propria terra. Un viaggio affrontato da soli, lontano dalla famiglia e dai genitori (LO SPECIALE MIGRANTI).

Un viaggio costato 9mila dollari

Amina, per esempio, ha 15 anni e ha deciso di scappare dalle violenze del suo Paese, la Somalia. Ha preferito l’incertezza di un viaggio attraverso l’Africa e il Mediterraneo alla morte sicura. Poi c’è Samuel, 17 anni, eritreo, che ha attraversato il Sudan e la Libia a piedi per sottrarsi al servizio militare obbligatorio. Una volta in Libia è stato rinchiuso in un container, al buio, per otto mesi. È stato vessato e seviziato. È rimasto tutto il tempo senza parlare e vedere la luce. Oggi è quasi cieco e alla sua famiglia il viaggio è costato 9 mila dollari. “Non riusciva a vedere bene ed aveva delle pupille molto dilatate”, racconta Nathalie Leiba, psicologa di Medici senza frontiere, che per prima si è presa cura di lui. “Mi ha raccontato di aver subito vessazioni e che i libici lo costringevano a chiamare la sua famiglia per farsi mandare soldi”, spiega.

Minori vittime dei trafficanti

Minori in fuga da guerre e fame e poi anche preda del business dei trafficanti. È il caso di Samir, eritreo, che un anno fa, mentre attraversava il deserto, è stato colpito alla spalla da un gruppo di trafficanti che litigavano per spartirsi il gruppo di profughi di cui faceva parte. Il ragazzo, oggi, non riesce più a muovere le dita di una mano.

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