La 47enne Kadiga Shabbi era accusata di istigazione a commettere reati in materia di terrorismo. La corte d’assise ha ribaltato la sentenza di primo grado di un anno e 8 mesi, con pena sospesa, “perché il fatto non sussiste”
La corte d'assise d'appello di Palermo, ribaltando la sentenza di primo grado, ha assolto Kadiga Shabbi, la ricercatrice universitaria di origine libica accusata di istigazione a commettere reati in materia di terrorismo. Arrestata due anni fa, venne condannata dal gup a un anno e otto mesi con rito abbreviato lo scorso 3 febbraio.
Le accuse di legami con il terrorismo
Assolta dalla corte presieduta da Angelo Pellino "perché il fatto non sussiste", la 47enne era stata condannata (con sospensione della pena) dal gup, che l’aveva descritta come un "soggetto pericoloso e simpatizzante del fenomeno jihadistico". Al tempo, gli inquirenti sostennero che, dietro la professione ufficiale di ricercatrice universitaria, la donna avesse nascosto una rete di contatti con esponenti di organizzazioni terroristiche islamiche e foreign fighters e una fitta attività di propaganda in favore di Al Qaeda svolta attraverso i social network. Contro di lei gli investigatori produssero intercettazioni telefoniche e i dati dei suoi pc: materiale informatico sequestrato le sarà restituito su espressa decisione dei giudici d'appello.
Il legale: “Chiederemo risarcimento dei danni al Viminale”
"Finalmente la pacatezza, la serenità e l'applicazione del diritto hanno trionfato sulla suggestione, i castelli di carta e le presunzioni senza prove - ha detto l'avvocato Michele Andreano, difensore della ricercatrice - Al momento debito chiederemo il risarcimento dei danni al Viminale per l'ingiusta permanenza nel Cie di Ponte Galeria inflitta alla nostra assistita e allo Stato per l'ingiusta carcerazione subita”.
L’asilo concesso a maggio
Dopo il verdetto e la sospensione della pena, in quanto incensurata, era stata trasferita nel Cie di Ponte Galeria a Roma e da lì aveva chiesto il riconoscimento dello status di rifugiata, per poi ottenere l’asilo a maggio. Una decisione "sconfessata" immediatamente dal ministro dell'Interno Marco Minniti, che chiese al questore di Roma l'immediata revoca della protezione umanitaria concessa, scrisse in un comunicato, erroneamente a Khadiga Shabbi. Per la ricercatrice, infatti, secondo il Viminale trovava applicazione "solo il principio di 'non refoulement' verso la Libia, cioè il divieto di espulsione nel Paese di origine".