Il 21enne, eletto alle ultime regionali tra le fila di Forza Italia con un record di preferenze, è il quarto membro della nuova Ars a finire inquisito. La Finanza ha effettuato un maxi sequestro di beni riconducibili a lui, al padre Francantonio e ai loro familiari
Il deputato dell’Assemblea regionale siciliana Luigi Genovese, eletto alle ultime regionali con un record di preferenze, è indagato per riciclaggio di denaro. Il 21enne, eletto tra le file di Forza Italia e figlio dell'ex deputato Francantonio, è il quarto neodeputato dell'Assemblea regionale siciliana a finire indagato a poche settimane dal voto. La Guardia di Finanza ha effettuato un maxi sequestro di aziende, beni e immobili riconducibili alla famiglia Genovese per un valore di circa 100 milioni di euro.
Maxi sequestro di beni
Nell'ambito dell'inchiesta, coordinata dalla Procura di Messina, i finanzieri hanno eseguito il sequestro di società di capitali, conti correnti, beni mobili e immobili, e azioni riconducibili a Luigi Genovese, a suo padre Francantonio ed ai suoi familiari. Le indagini hanno inizialmente consentito di trovare fondi esteri per un ammontare pari ad oltre 16 milioni di euro, schermati da una polizza accesa attraverso un conto svizzero presso una società alle Bermuda. Ma ammonta a circa 100 milioni di euro il totale del valore delle aziende, dei conti e degli immobili sequestrati perché considerati profitto o strumento di reato a Francantonio Genovese, alla moglie Chiara Schirò, al figlio Luigi, alla figlia Rosalia e al nipote Marco Lampuri. Si tratta del sequestro preventivo più grosso mai effettuato dalla Procura di Messina.
Francantonio avrebbe trasferito al figlio quote delle proprie società
Secondo gli inquirenti, Luigi Genovese avrebbe avuto un ruolo determinante nelle operazioni societarie fatte dal padre Francantonio per riciclare complessivamente circa 30 milioni di euro. Per mettere al riparo 16 milioni, provento del presunto riciclaggio, e per sottrarsi fraudolentemente al pagamento delle imposte e delle sanzioni amministrative collezionate, che hanno raggiunto circa 25 milioni di euro, Francantonio Genovese si sarebbe spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, attraverso una società schermo, trasferendolo al figlio Luigi insieme a denaro proveniente dal precedente riciclaggio. I fondi sarebbero in parte transitati presso una banca di Montecarlo e intestati ad una società panamense controllata da Francantonio Genovese e dalla moglie Chiara Schirò. Un altra parte (per oltre 6 milioni) è stata trasferita in contanti in Italia direttamente a Genovese attraverso "spalloni". In questo modo i Genovese avrebbero cercato di renderli irrintracciabili.
L'ingresso di Genovese jr nelle società del padre
Le partecipazioni societarie sarebbero state dismesse attraverso strumentali operazioni: sarebbe stata deliberata la riduzione del capitale sociale delle società, al di sotto della soglia prevista dalla legge, per far fronte alle perdite artificiosamente generate dagli stessi indagati. Poi sarebbe stato disposto il ripianamento delle società attraverso un nuovo versamento di capitale a carico dei soci. Anziché provvedere in prima persona, nonostante ne avesse le possibilità finanziarie, Francantonio Genovese ha dichiarato di rinunciare alla qualità di socio per mancanza dei fondi necessari, poche decine di migliaia di euro, per partecipare all'aumento di capitale, permettendo così, ex novo, l'ingresso in società del figlio, Luigi, privo di risorse economiche proprie.
Aggirato il pignoramento delle quote di Genovese padre
Questo avrebbe permesso a Genovese di vanificare gli effetti del pignoramento che sulle sue quote era stato effettuato da Riscossione Sicilia. Egli ha partecipato come custode delle quote alle assemblee nelle quali si è deciso di azzerare il valore delle proprie azioni - dell'importo di svariati milioni di euro - e di consentire al figlio Luigi di subentrare - con la sottoscrizione di strumentali aumenti di capitale - nella titolarità piena della società eludendo il pignoramento. Le finalità illecite delle condotte sono state dimostrate dal fatto che Luigi Genovese ha versato la propria quota di capitale con denaro ricevuto tramite bonifico, nei giorni immediatamente precedenti alle operazioni, dal padre.