Avvelenati da tallio, a Monza si indaga per omicidio colposo

Cronaca
L'entrata dell'ospedale di Desio (Fotogramma)
Ospedale_Desio

La Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo contro ignoti. I carabinieri continuano le indagini sulla casa di Varmo, posta sotto sequestro. Rimangono stabili le condizioni di tre dei quattro ricoverati all'ospedale di Desio

Omicidio colposo e lesioni. Questo la pista seguita dal pm di Monza, Vincenzo Nicolini, nel fascicolo aperto contro ignoti in seguito alla morte per avvelenamento da tallio di Giovanni Battista Del Zotto e della figlia Patrizia, rispettivamente di 94 e 62 anni

Sequestrata casa Del Zotto

In attesa di conoscere i risultati autoptici disposti dalla Procura di Monza sulle salme di padre e figlia, morti lo scorso 2 ottobre, proseguono le indagini dei carabinieri di Desio (Monza), in collaborazione con quelli di Latisana (Udine). Per riuscire a ricostruire la natura dell'avvelenamento da tallio dell'intero nucleo familiare, avvenuto presumibilmente per inalazione o ingestione, le analisi dei militari si stanno concentrando nel luogo dell'avvelenamento: la casa di campagna di Varmo dove i Del Zotto stavano trascorrendo le vacanze. Il 4 ottobre la Procura di Udine ha convalidato d'urgenza il sequestro dell'abitazione dopo aver ricevuto gli atti del sequestro preventivo, eseguito dai Carabinieri di Latisana. Gli atti sono poi stati trasmessi ai colleghi di Monza. “In questo momento non si discute la competenza. Se i colleghi avranno bisogno di atti in rogatoria li faremo volentieri - ha ribadito il procuratore capo di Udine, Antonio De Nicolo - in attesa di capire esattamente di che cosa si tratta e dove è avvenuta l'ingestione”.

Gli altri ricoverati

Dall'ospedale di Desio nel frattempo comunicano che rimangono critiche le condizioni della moglie 87enne di Giovanni Del Zotto, mentre sembrano essere stabili quelle degli altri tre ricoverati: l'altra figlia di Del Zotto, 58 anni, il marito 64enne di Patrizia e la badante dei genitori della donna, una cinquantenne. Il ricovero di queste tre persone è stato reso necessario in seguito ad accertamenti condotti dal Centro antiveleni di Pavia che hanno rilevato un alto tasso di tallio nel sangue. Sono così sei su otto i membri della famiglia di Nova Milanese ufficialmente avvelenati dal tallio. Nel corso della mattina del 4 ottobre, come comunicato dalla direzione dell'ospedale di Desio, sono stati sottoposti ad ulteriori accertamenti anche il figlio della 62enne deceduta e la sua compagna. Gli esiti sono attesi nelle prossime ore.

I precedenti casi a Udine

Altri due casi per avvelenamento da tallio si sono verificati negli ultimi vent'anni in provincia di Udine, a una manciata di chilometri dalla casa vacanze dei Del Zotto. Nel 2000 la vittima era stata un turista austriaco, 75 anni, deceduto all'ospedale di Latisana (Udine) dopo aver bevuto birra avvelenata dal metallo pesante mentre era in vacanza a Lignano. Al tempo la Procura di Udine non fu in grado di ricostruire in che modo la birra bevuta dal pensionato fosse stata avvelenata. L'anno precedente, nel 1999, era stata la volta di un architetto americano, Richard Nolan Consalves, di 33 anni, deceduto il 18 luglio all'ospedale di Udine, dopo aver bevuto una birra avvelenata da solfato di tallio in casa della suocera, a Camino al Tagliamento (Udine). L'inchiesta, allora condotta dal sostituto procuratore Giancarlo Buonocore, era però stata archiviata senza alcun iscritto nel registro degli indagati, ripiegando sull'ipotesi di un'eventuale azione di sabotaggio alimentare. La famiglia Del Zotto è proprietaria di una casa di campagna a Varmo, in linea d'aria distante tra i quattro e i sei chilometri dai luoghi dei precedenti due casi.

I piccioni non c'entrano

In attesa di ulteriori chiarimenti da parte degli inquirenti sulla fonte inquinante, gli specialisti sgombrano il campo dalla possibilità che a portare il pericoloso veleno siano stati, come ipotizzato, i piccioni. Lo sostiene Carlo Locatelli, tossicologo che dirige il Centro antiveleni della Maugeri di Pavia, la struttura che ha riconosciuto l'avvelenamento da tallio nelle due vittime di Varmo. “Da molte parti si è insistito sulle deiezioni dei piccioni come fonte di intossicazione da tallio. Ma è un'interpretazione del tutto fantasiosa”, ha dichiarato l'esperto all'Adn Kronos. “Da molte parti – ha detto Locatelli - si è insistito sulle deiezioni dei piccioni. Non conosco lavori scientifici che lo riportino, ma essendo una sostanza fortemente intossicante, la presenza negli escrementi sarebbe essa stessa un marker di avvelenamento”. Lo specialista ha poi precisato come sia “probabile che, in passato, il tallio sia stato usato per avvelenare i piccioni. Era infatti in commercio prevalentemente come topicida, ma oggi è proibito e non più disponibile, a meno che qualcuno abbia conservato per decine di anni vecchi prodotti in cantina o in garage. Era presente anche in alcune creme depilatorie, anche questo caso proibite e non più disponibili da decine di anni”.

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