Matteoli ha commentato: "Non sono un corrotto, ricorrerò in appello" Condannati anche Maria Giovanna Piva, Amalia Sartori e Danilo Turcato. Assoluzioni invece per l'ex sindaco di Venezia e gli imprenditori Nicola Falconi, Erasmo Cinque e l'avvocato Corrado Crialese
L’ex ministro dei trasporti Altero Matteoli è stato condannato a 4 anni di reclusione e 9,5 milioni di euro di multa per corruzione nell’inchiesta per le tangenti del Mose. Assoluzione, e vicende parzialmente prescritte, per l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, accusato di finanziamento illecito ai partiti. Il tribunale di Venezia presieduto da Stefano Manduzio ha emesso oggi le sentenze di primo grado.
"Non comprendo la sentenza, ricorrerò in appello"
Le richieste dei pm Stefano Ancillotto e Stefano Buccini per i due imputati – in totale erano otto – erano sei anni per Matteoli e 2 anni e tre mesi Orsoni. "Come ho avuto modo di confermare anche stamani davanti al Tribunale di Venezia non sono un corrotto, mai ho ricevuto denaro nè favorito alcuno. Non comprendo quindi questa sentenza verso la quale i miei avvocati ricorreranno in appello": lo ha detto l'ex ministro Matteoli, commentando la decisione del tribunale. L'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni esce invece senza condanne dall'inchiesta sul Mose. Assolto sul finanziamento 'in bianco', perchè "il fatto non costituisce reato", mentre sono state prescritte le presunte dazioni in nero.
Gli altri imputati
Assolti o usciti dal procedimento per prescrizione anche l'ex presidente del Magistrato alle Acque, Maria Giovanna Piva, l'ex presidente del consiglio regionale del Veneto, Amalia Sartori, e l'architetto Danilo Turcato che aveva curato i lavori di restauro della villa già di proprietà di Giancarlo Galan, l'ex governatore del Veneto che aveva patteggiato la pena. Condannati invece l'imprenditore Nicola Falconi a due anni e 78mila euro di multa, Corrado Crialese, ex presidente di Fintecna, a un anno e dieci mesi e mille euro di multa, e l'imprenditore Erasmo Cinque a quattro anni e nove mesi e 5 milioni di euro. Tutti i condannati si sono visti interdire a diverso titolo i pubblici uffici, a pagare le spese processuali e a risarcire le parti civili.