Palermo, il questore vieta i funerali pubblici per il boss Dainotti

Cronaca
La scena del delitto poco dopo l'arrivo delle forze dell'ordine (Fotogramma)

La decisione presa per "ragioni di ordine pubblico". Consentita solo una cerimonia privata al cimitero per i parenti del capomafia assassinato lunedì a Palermo. Proseguono le indagini

Niente funerali pubblici per il boss mafioso Giuseppe Dainotti, ucciso il 22 maggio in un agguato in via D’Ossuna, a Palermo. Lo ha deciso il questore del capoluogo siciliano, Renato Cortese. Per le esequie sarà consentita una messa privata, da celebrarsi nella cappella del cimitero.

Il funerale

Inizialmente il funerale era previsto nella parrocchia Santa Maria della Pace, in piazza Capuccini a Palermo. Chiesa non lontana dalla casa di via dei Cipressi in cui Dainotti, che aveva 67 anni ed era stato scarcerato nel 2014, viveva con la moglie di 48 anni.

La decisione del Questore

In base alla decisione del questore ai famigliari è concessa la cerimonia privata al cimitero e non il funerale pubblico. Dainotti era stato condannato all’ergastolo nel 1983 per l’omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile. Era uscito dal carcere in virtù di una norma della legge Carotti del 2000, in base alla quale gli imputati di reati per cui era previsto il massimo della pena, potevano scegliere il rito abbreviato e, quindi, scontare 30 anni grazie agli sconti di pena previsti per legge durante la detenzione.

Capomafia e rapinatore

Dainotti era considerato il capo del mandamento di Porta Nuova, fedelissimo del boss di Cosa Nostra Salvatore Cancemi. Andò per la prima volta a processo per una rapina miliardaria al Monte dei Pegni, rimasta storica a Palermo. Un colpo che fruttò un bottino da miliardi di lire, all’inizio degli anni Novanta.

L’agguato 

Proseguono, intanto, le indagini della Squadra Mobile sull’omicidio del boss. Dainotti sarebbe stato affiancato da due killer, forse in moto, che gli avrebbero sparato in testa. La vittima era in bici, in via D'Ossuna, nel quartiere Zisa. A chiamare la polizia erano stati alcuni residenti della zona che avevano sentito i colpi di arma da fuoco. Dainotti risultava essere nel mirino di altri esponenti di Cosa Nostra, per tensioni interne alla cosca.

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