Contro i tre fratelli Pellini di Acerra, imprenditori condannati in primo e secondo grado perché ritenuti responsabili di aver avvelenato terreni dell'Agro Casertano e Napoletano, è stato disposto il sequestro patrimoniale. Tra i beni confiscati: elicotteri, rapporti bancari, immobili, società. VIDEO
1/10
La guardia di Finanza di Napoli ha eseguito un sequestro patrimoniale per un valore di circa 200 milioni di euro. Il provvedimento ha colpito i tre fratelli Pellini di Acerra, imprenditori operanti nel settore dello smaltimento dei rifiuti, che sono stati condannati in primo e secondo grado perché ritenuti responsabili di aver avvelenato terreni dell'Agro Casertano e Napoletano –
Il loro patrimonio è stato ritenuto provento dell'attività illecita di smaltimento di rifiuti speciali gestiti negli impianti di proprietà, reati per i quali i fratelli Giovanni, Salvatore e Cuono Pellini sono stati condannati in secondo grado anche per disastro ambientale –
Tra i beni sequestrati ci sono elicotteri, 49 rapporti bancari, 250 fabbricati, due srl operanti nel recupero per il riciclaggio dei rifiuti urbani e industriali, società nel settore immobiliare e nel noleggio di trasporto aereo, auto, automezzi industriali, immobili e terreni –
Le fiamme gialle hanno sequestrato, tra l'altro, due srl operanti nel recupero per il riciclaggio dei rifiuti urbani e industriali, tre società impegnate nel settore immobiliare, una società per il noleggio di trasporto aereo proprietaria anche di tre elicotteri, diverse quote di partecipazione a ditte individuali operanti nel settore della ristorazione e distribuzione di carburanti –
In appello i tre fratelli sono stati condannati anche per disastro ambientale. Contro di loro, invece, sono decadute per prescrizione le accuse di associazione a delinquere e l'aggravante di aver favorito il clan Buttone –
Gli imprenditori sono stati coinvolti nell'indagine “Carosello-Ultimo atto”, che nel 2003 ha svelato un traffico di rifiuti industriali provenienti dal Nord Italia. L'organizzazione incriminata portava al Sud materiali ed elementi tossici come cadmio, oli minerali, zinco, diossine e aminato. I fanghi di Porto Marghera sarebbero stati utilizzati come compost con l'artificio del “giro bolla”: una documentazione falsa che li classificava come “non pericolosi”, permettendo così di sversare la terra contaminata nelle campagne del Nolano, del Casertano e nelle cave tra Acerra, Giugliano, Qualiano e l'area flegrea di Bacoli –