Calcagno racconta la fuga: ho scardinato la serratura e siamo scappati

Cronaca

"Fino al 1° marzo eravamo tutti e quattro insieme" dice il tecnico della Bonatti, tornato a Piazza Armerina dai suoi familiari dopo il sequestro durato quasi otto mesi  - TUTTI I VIDEO

"Siamo rimasti insieme fino al primo marzo". Filippo Calcagno racconta ai cronisti che tutti e quattro i dipendenti della Bonatti hanno vissuto fianco a fianco i lunghi otto mesi di prigionia. "Fino al giorno 2 marzo nostro e 1 marzo vostro (i quattro uomini avevano dimenticato che quest'anno è bisestile e febbraio aveva 29 giorni, ndr) hanno portato via Salvatore Failla e Fausto Piano e da quel momento non li abbiamo più visti" dice visibilmente commosso. Rivolge un pensiero alle famiglie dei colleghi uccisi e ricorda: "Salvatore è rimasto fiducioso fino alla fine. Ci diceva di non smettere di credere" che presto sarebbe finita.

 

"Così ci siamo liberati" - Impossibile, poi, dimenticare quel 19 luglio, giorno del rapimento, e altrettanto impossibile -  almeno per ora  -  dimenticare le percosse e le umiliazioni subite, la mancanza di cibo e di acqua: “Pensavamo di essere in un incubo”.  Ma né lui né i colleghi si sono mai arresi. Il 1° marzo i carcerieri "ci hanno detto che 'era tutto finito', ci hanno dato delle tute poi hanno portato via Piano e Failla, mentre noi siamo rimasti dentro" da soli.

 

La libertà passa attraverso un chiodo - E’ stato allora che Calcagno ha provato a scardinare la porta usando un vecchio chiodo. "Ho lavorato molto su quella porta dietro la quale eravamo rinchiusi. Con un chiodo ho capito che si poteva fare molto. Ho lavorato sulla serratura, un legno duro, ma con la caparbia ho indebolito la parte". Non è stato facile, dice, e racconta di essersi persino scusato con Gino Pollicardo: "Ti ho deluso" gli ha detto dopo i primi tentativi andati a vuoto. Alla fine, con un po' di insistenza, la porta si è aperta, "ci siamo camuffati e siamo corsi via". 

 

Felici di essere a casa, ma addolorati per i colleghi - Filippo Calcagno non sa chi siano i responsabili del loro rapimento né se sia stato pagato un riscatto. Nel luogo della loro detenzione, però, “c’erano delle donne e un bambino” dice. Oggi lui e il collega di Monterosso sono con gli amici e i parenti a casa (FOTO). Sono felici, certo, ma entrambi addolorati per la sorte toccata ai loro colleghi. "Ho saputo della morte di Salvatore e Fausto solo arrivato in Italia" ribadisce Pollicardo. Le salme delle vittime, intanto, assicura il ministro Gentiloni "arriveranno in Italia entro martedì" 8 marzo. 

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