Foreste in fiamme: il fragile equilibrio dei "polmoni verdi" del mondo

Nel 2021, oltre 140 paesi hanno firmato il Patto per il clima di Glasgow, promettendo di arrestare la deforestazione entro il 2030. Secondo l’ultima Global Forest Review del World Resources Institute, tuttavia, il mondo sta andando nella direzione opposta: nel 2024, la perdita di foreste tropicali primarie è aumentata in maniera allarmante nella maggior parte dei Paesi al mondo. Su 20 nazioni con la più vasta estensione di foreste primarie, 17 registrano oggi tassi di deforestazione superiori rispetto a quelli del 2021. Qualche segnale positivo arriva da Indonesia e Malesia, dove il ritmo della deforestazione è calato rispetto al 2023 e si mantiene molto al di sotto dei livelli di dieci anni fa. Ma si tratta, appunto, di eccezioni: nel complesso, il bilancio globale resta profondamente negativo. 18 campi da calcio al minuto Nel 2024, il mondo ha perso 6,7 milioni di ettari di foreste pluviali primarie: un’area quasi pari all’intera superficie di Panama. Il report si concentra su questa tipologia di ecosistemi per due motivi: da un lato, le foreste primarie sono habitat che non hanno subito alterazioni significative da parte degli esseri umani e quindi sono sempre più rare; dall’altro, le aree tropicali concentrano il 94% della deforestazione che avviene in tutto il mondo. L’anno scorso, la distruzione di questi ecosistemi ha raggiunto una velocità senza precedenti: 18 campi da calcio al minuto, quasi il doppio rispetto al 2023. Una perdita che da sola ha generato 3,1 gigatonnellate di gas serra, una cifra superiore alle emissioni annuali dell’India, uno degli Stati che inquina di più al mondo. Il 2024 è anche stato l’anno in cui, per la prima volta dall’inizio delle rilevazioni, la principale causa di perdita di foreste pluviali primarie non è stata l’espansione agricola o edilizia, ma gli incendi. In un ecosistema come la savana, gli incendi possono essere eventi naturali. Nelle aree tropicali, no: lì gli incendi sono quasi sempre innescati dall’uomo, spesso per fare spazio a coltivazioni, per poi sfuggire al controllo di chi li ha appiccati. In questi contesti, l’azione umana dà vita a un circolo vizioso che gli scienziati chiamano feedback climatico: la crisi climatica alimenta condizioni estreme di caldo e siccità, che favoriscono roghi più estesi e incontrollabili; gli incendi distruggono le foreste, riducendo la loro capacità di assorbire carbonio e peggiorano così la crisi climatica. Amazzonia a rischio Il Brasile, che da solo ospita circa un terzo delle foreste pluviali tropicali del pianeta, si conferma al primo posto per perdita di foreste tropicali primarie. Nel 2024, infatti, il Paese ha vissuto la sua peggior siccità degli ultimi settant’anni, che, unita a temperature eccezionalmente elevate, ha innescato incendi su scala senza precedenti. A questi si è aggiunta la pressione costante dell’agroindustria, in particolare per la coltivazione di soia e l’allevamento bovino. Se è vero, infatti, che il 2023 aveva segnato un’inversione di tendenza, grazie alle politiche ambientali approvate dal presidente Lula da Silva, il 2024 ha mostrato quanto questi progressi siano fragili senza un contrasto sistemico all’espansione agricola. La vera sorpresa arriva dalla Bolivia, che ha visto un aumento del 200% nella perdita di foreste tropicali primarie rispetto all’anno precedente, superando per la prima volta la Repubblica Democratica del Congo e posizionandosi al secondo posto nella classifica globale. Un dato impressionante, considerando che il Paese possiede solo il 40% dell’estensione forestale del Congo. Anche in questo caso, come in Brasile, la siccità e le alte temperature hanno allungato la stagione degli incendi, trasformando le pratiche agricole tradizionali in catastrofi ambientali. Il 12% del territorio nazionale è andato in fumo e le comunità rurali, prive di sistemi di allerta e risorse antincendio, hanno pagato il prezzo più alto. A peggiorare la situazione, il governo boliviano ha incentivato ulteriormente l’espansione agricola, rimuovendo i limiti all’export di soia e carne bovina e abbattendo le tasse su pesticidi e macchinari. Nel resto dell’America Latina, l’impatto degli incendi è stato altrettanto devastante. Nel 2024, il fuoco è stato responsabile di oltre il 60% della perdita di foreste tropicali primarie in Belize, Guatemala, Guyana e Messico. Quest’ultimo, insieme al Nicaragua, è entrato per la prima volta in classifica, segnando un aumento preoccupante. In Africa, la regione più colpita dalla deforestazione resta il bacino del Congo, che nel 2024 ha registrato i dati più alti mai rilevati. Le cause sono molteplici: la raccolta di legname per la produzione di carbone , l’agricoltura di sussistenza e la diffusione di colture che accorciano i cicli di rigenerazione naturale della foresta. In particolare, nella Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi più poveri al mondo, la crescita demografica e il conflitto armato ancora in corso spingono sempre più persone alla deforestazione per poter sopravvivere. Buone notizie dall'Asia C'è però uno spiraglio di speranza e arriva dall’Asia. In Indonesia, la perdita di foreste tropicali primarie è diminuita dell’11% rispetto al 2023, restando ben al di sotto dei picchi registrati a metà degli anni 2010. Il merito è di una combinazione di fattori: il calo degli incendi, il coinvolgimento delle comunità locali e delle imprese agroalimentari nella prevenzione, le piogge tardive e soprattutto l’impegno dell’amministrazione del presidente Joko Widodo, che nel suo ultimo anno in carica ha continuato a puntare sulla protezione e il ripristino delle foreste. Anche il settore privato, con l’adozione di politiche più stringenti contro la deforestazione, ha giocato un ruolo importante. Un andamento simile si è registrato in altri Paesi del Sud-est asiatico, come Laos e Malesia . Proprio la Malesia nel 2024 è uscita per la prima volta dalla classifica dei 10 Paesi che perdono più foreste tropicali primarie all’anno grazie soprattutto a un inasprimento delle leggi contro la deforestazione. Un segnale incoraggiante, che viene però da un Paese che dagli anni Settanta a oggi ha già perso quasi un terzo delle sue foreste primarie.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Foreste in fiamme: il fragile equilibrio dei "polmoni verdi" del mondo