Inquinamento da plastica, la sfida globale spiegata in 5 grafici

La Giornata mondiale dell’ambiente 2025 è interamente dedicata all’inquinamento da plastiche. Un flagello per molti ecosistemi e molte specie viventi e potenzialmente un pericolo per la salute umana. Molti gli eventi e le iniziative organizzate per celebrare l'edizione di quest’anno, che cade esattamente due mesi prima che i Paesi dell’Onu si incontrino nuovamente per continuare a negoziare un trattato globale per porre fine al problema plastica. La storia della plastica è recente, dato che prima del secondo conflitto mondiale non se ne trovava traccia se non nei laboratori di ricerca. Da allora, però, la produzione di plastica è aumentata notevolmente. Nel 1950, anno che può considerarsi l’esordio della produzione industriale, il mondo ne produceva solo due milioni di tonnellate. Ora se ne producono oltre 400 milioni di tonnellate. Risorsa preziosa, da gestire Indubbiamente la plastica ha aggiunto valore alle nostre vite: è un materiale economico, versatile e sterile, utilizzato in diverse applicazioni, dall’edilizia, agli elettrodomestici, ma anche strumenti medici e imballaggi alimentari. Tuttavia, quando i rifiuti di plastica vengono gestiti in modo improprio – e cioè non vengono riciclati, inceneriti o conservati in discariche sigillate – diventano un inquinante ambientale. Tre le principali ragioni per cui l’inquinamento da plastica è critico. In primo luogo, può devastare gli ecosistemi. Le microplastiche, piccole e piccolissime particelle di plastica, sono le più pericolose e la loro vittima preferita è l’ecosistema marino. Le microplastiche possono rallentare la crescita del fitoplancton, che è alla base di diverse reti alimentari acquatiche, e i pesci spesso mangiano erroneamente prodotti in plastica, riempiendosi lo stomaco di frammenti indigeribili che causano la morte per fame. In secondo luogo, le microplastiche e le nanoplastiche, che possono accumularsi nel corpo umano. Ne sono state trovate nel fegato, nei testicoli e persino nel latte materno. E si stima che, in media, un litro di acqua in bottiglia contiene circa 240 mila microplastiche. Anche se non ci sono ancora studi sull’impatto che l’assunzione di microplastiche hanno sull’organismo umano, la notizia non lascia tranquilli.. In terzo luogo, la plastica, durante il suo intero ciclo di vita, contribuisce anche al cambiamento climatico. La sua produzione prevede un processo che consuma molta energia, ed è responsabile di oltre il 3% delle emissioni di gas serra che riscaldano il pianeta. Cerchiamo di inquadrare la situazione in 5 grafici con gli ultimi dati disponibili. Una crescita inarrestabile La produzione mondiale di plastica ha raggiunto i 413,8 milioni di tonnellate nel 2023. Una crescita che si è rivelata costante fin dal 1950 e che, procedendo di questo passo, si prevede raggiunga la stratosferica quantità di 1 miliardo e 200 milioni di tonnellate nel 2060. Europa in controtendenza In realtà la media globale non descrive bene quel che capita a livello macroregionale. L’Europa in questo computo va in controtendenza rispetto al resto del mondo. La produzione è rimasta sostanzialmente stabile - e quindi con il crescere della produzione totale diminuisce la percentuale europea - e in leggera diminuzione. Nel 2010 ne venivano prodotte 57 tonnellate in un anno, nel 2023 54 tonnellate. Le politiche ambientali attivate in Ue, evidentemente, stanno dando risultati positivi, sebbene non possano essere ancora sufficienti né a livello macroregionale, né tantomeno a livello globale. Chi produce più plastica L’Asia, attualmente è il maggiore produttore di plastica. La sola Cina è responsabile di un terzo della produzione globale. Tutti gli altri Paesi asiatici continentali pesano per un ulteriore 19 per cento, a cui va aggiunto il 3 per cento del Giappone e una quota non meglio definita della voce Medio Oriente e Africa. Insomma, viene da quel continente più della metà di tutte le materie plastiche create nel mondo ogni anno. Dove finisce la plastica buttata Come detto, se la plastica di cui non abbiamo più bisogno venisse riciclata l’impatto ambientale sarebbe indubbiamente ridotto. Ma le cose purtroppo non stanno così. Secondo uno studio dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico , solo circa il 9% della plastica viene effettivamente riciclato. Le ragioni sono diverse. Molti prodotti in plastica non sono progettati per essere riutilizzati e riciclati. Alcuni sono troppo fragili per essere riciclati, mentre altri possono essere riciclati solo una o due volte. Molti paesi, inoltre, non dispongono delle infrastrutture per la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti di plastica . Ma forse il problema più grande è che i sistemi di riciclaggio non riescono a tenere il passo con l’aumentare costante dei rifiuti di plastica. Riciclo degli imballaggi I rifiuti più diffusi in ambiente sono prevalentemente i prodotti cosiddetti ‘monouso’, quella plastica cioè che viene utilizzata una sola volta e il cui ciclo di vita è molto breve. Gli imballaggi rappresentano una delle voci principali delle plastiche monouso e, anche in questo caso, le politiche ambientali dell’Unione europea hanno registrato indubbi progressi negli ultimi anni. Nel vecchio continente la percentuale di imballaggi di plastica riciclata correttamente era del 35,1 per cento nel 2010, mentre nel 2022 la quota è salita al 40,7 per cento. Il miglioramento dei dati italiani è ancora maggiore, più del dodici per cento dal 2010 al 2022 . E quindi, che fare? L’Agenzia per la protezione ambientale delle Nazioni Unite suggerisce di “pensare in grande”. Ciò significa guardare oltre il riciclo e trovare modi per limitare i problemi ambientali e sanitari causati dall'inquinamento da plastica; considerare ogni fase del ciclo di vita dei prodotti, dalla produzione, alla progettazione, al consumo, fino allo smaltimento. In termini pratici, ciò significa ridurre la nostra dipendenza dai prodotti in plastica monouso. Significa riprogettare i prodotti in plastica in modo che durino più a lungo, siano meno pericolosi e possano essere riutilizzati e infine riciclati. Significa trovare alternative alla plastica in una vasta gamma di prodotti. E significa impedire che la plastica si disperda nell'ambiente. Compito arduo a cui sono preposti i governi e l’industria. Per i consumatori comuni, invece, la raccomandazione è quella di scegliere, laddove possibile, alternative alla plastica e smaltirla correttamente in modo da minimizzarne l’impatto ambientale.

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