Giustizia climatica, all’Aia un processo storico

Il 2 dicembre, la Corte Internazionale di Giustizia , l'organo giudiziario principale delle Nazioni Unite per la risoluzione delle controversie internazionali, ha dato inizio alle udienze che si terranno all'Aia, nei Paesi Bassi, fino al 13 dicembre. Questa causa, definita da più parti di portata storica, mira a fare chiarezza sul diritto internazionale riguardo ai cambiamenti climatici, con l’obiettivo di definire gli obblighi giuridici degli Stati e le relative conseguenze legali per le azioni che compromettono il clima globale. Le domande poste alla Corte riguardano due temi centrali. In primo luogo, si chiede quali siano gli obblighi degli Stati, secondo il diritto internazionale, per proteggere il sistema climatico e l’ambiente dalle emissioni di gas serra di origine antropogenica. Gli obblighi devono considerare tanto gli interessi delle generazioni presenti quanto quelle future. In secondo luogo, si richiede alla Corte di determinare le conseguenze giuridiche per quegli Stati che, attraverso le loro azioni o omissioni, hanno causato danni significativi al sistema climatico e all’ambiente, con particolare riferimento agli impatti subiti dai piccoli Stati insulari in via di sviluppo e dalle popolazioni vulnerabili, sia oggi che in futuro. L'Iniziativa di Vanuatu e il Supporto Internazionale Il procedimento ha preso avvio nel settembre 2021, quando Vanuatu, piccolo Stato insulare del Pacifico, ha annunciato l'intenzione di chiedere un parere consultivo alla Corte Internazionale di Giustizia. Il governo di Vanuatu, che ha preso le mosse da un'iniziativa degli studenti di giurisprudenza delle Isole Fiji, ha lavorato intensamente per raccogliere il sostegno di altri Paesi, riuscendo a formare un ampio gruppo di Stati membri delle Nazioni Unite a favore dell'iniziativa. Nel marzo 2023, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione, con 132 Paesi che hanno co-sponsorizzato il progetto. Il 12 aprile 2023, la richiesta di parere consultivo è stata ufficialmente trasmessa alla Corte. Questo caso è destinato a diventare il più grande mai trattato davanti alla Corte dell’Onu: ben 97 Stati e 11 organizzazioni internazionali sono stati coinvolti nel procedimento. Oltre ai Paesi insulari che hanno spinto l'iniziativa, il tribunale ascolterà anche le posizioni di numerosi Stati occidentali, inclusi i due principali emettitori di gas serra globali, gli Stati Uniti e la Cina. Inoltre, il gruppo dei produttori di petrolio dell’OPEC avrà la possibilità di esprimere il proprio parere su questa importante causa. Un Caso Cruciale per la Giustizia Climatica Globale Diciamolo subito: il parere che la Corte emetterà nel 2025 non sarà vincolante. Eppure la sua influenza potrebbe essere enorme, sia sotto il profilo politico che giuridico: potrebbe essere un momento cruciale per la giustizia climatica internazionale, perché la Corte potrebbe stabilire precedenti giuridici che avranno un impatto su future decisioni legali e politiche in merito alla protezione del clima e alle misure per affrontare gli effetti della crisi climatica. Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite , nel fornire alla Corte una panoramica scientifica della crisi, ha sottolineato l'urgenza di azioni concrete per limitare l'aumento della temperatura globale e ridurre gli impatti devastanti, come le inondazioni e le siccità, che stanno colpendo in particolare le nazioni vulnerabili. Questa visione scientifica sarà fondamentale per guidare il parere consultivo della Corte, sebbene non sia vincolante, potrebbe comunque influenzare le politiche globali sul clima. L’Iniziativa dei Piccoli Stati Insulari A guidare questa causa sono i piccoli Stati insulari, spesso i più vulnerabili agli effetti devastanti del cambiamento climatico. Vanuatu, un arcipelago situato nell’Oceano Pacifico, ha dichiarato di aver "assistito in prima persona" al fallimento delle negoziazioni internazionali sul clima, in particolare riferendosi ai risultati ottenuti durante il summit COP29, con l’accordo per fornire 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, una somma che però è stata considerata "insufficiente" dai paesi in via di sviluppo, tra cui quelli insulari. Ralph Regenvanu, inviato speciale di Vanuatu per i cambiamenti climatici, ha ricordato che, nonostante l’Accordo di Parigi del 2015, "Vanuatu e altri stati insulari stanno ancora lottando per prevenire ulteriori danni, mentre cercano di riparare quelli già subiti." La sofferenza dei paesi insulari è legata all’innalzamento del livello del mare, alla crescente frequenza di eventi climatici estremi e alla perdita irreversibile di terre abitate e risorse naturali. Un Caso con Potenziali Ripercussioni Globali Il processo che si sta svolgendo alla Corte Internazionale di Giustizia non riguarda solo la protezione del clima, ma è anche una questione di giustizia climatica. Paesi che hanno contribuito poco alle emissioni globali stanno pagando il prezzo più alto degli impatti del cambiamento climatico, mentre le nazioni più industrializzate, che hanno storicamente emesso la maggior parte dei gas serra, sono chiamate a rispondere delle loro azioni. Il parere consultivo della Corte potrebbe quindi aprire la strada a un nuovo paradigma nella gestione globale del cambiamento climatico, dove gli Stati industrializzati vengono chiamati a rendere conto delle loro responsabilità, anche in termini di risarcimento per i danni già causati. Le audizioni di questi giorni potrebbero segnare l'inizio di una nuova fase, in cui la giustizia climatica diventa una questione

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