Il nostro Paese passa dal 29esimo al 44esimo posto, penalizzato dal rallentamento della riduzione delle emissioni climalteranti e da una politica climatica nazionale ritenuta inadeguata a fronteggiare l’emergenza. È quanto emerge dall’ultimo rapporto di Germanwatch, CAN e NewClimate Institute, per la parte italiana realizzato con Legambiente e presentato oggi, 8 dicembre, alla Cop28 di Dubai. In testa a tutti i Paesi c’è la Danimarca, seguita da Estonia e Filippine. In fondo Emirati, Iran e Arabia Saudita
Passo indietro dell’Italia nella classifica delle performance climatiche dei principali Paesi del mondo: scende di 15 posizioni, passando dal 29esimo posto dello scorso anno al 44esimo. A pesare sul bilancio sono soprattutto il rallentamento della riduzione delle emissioni climalteranti (37esimo posto della specifica classifica) e una politica climatica nazionale ritenuta fortemente inadeguata a fronteggiare l’emergenza (58esimo posto). L’attuale aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) consente infatti un taglio delle emissioni entro il 2030 solamente del 40.3% rispetto al 1990. Un ulteriore passo indietro rispetto al 51% previsto dal PNRR, già ritenuto inadeguato. I dati emergono dall’annuale rapporto di Germanwatch, CAN e NewClimate Institute, per la parte italiana realizzato con Legambiente e presentato oggi, 8 dicembre, alla Cop28 di Dubai. In testa a tutti i Paesi c’è la Danimarca, seguita da Estonia e Filippine (LO SPECIALE DI SKY TG24).
Il rapporto
Il rapporto considera le performance climatiche di 63 Paesi, a cui si aggiunge l’Unione Europea nel suo complesso, che insieme sono responsabili di oltre il 90% delle emissioni globali. Per misurare le performance, attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), viene preso a parametro il riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti da qui al 2030. Il CCPI si basa per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo sia delle rinnovabili che dell’efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.
Nessuna delle prime tre posizioni è stata assegnata
Se l’Italia fa male, anche il bilancio generale è negativo. Le prime posizioni della classifica, anche quest’anno, non sono state attribuite: nessun Paese è riuscito a raggiungere i livelli necessari per contribuire a fronteggiare l’emergenza climatica e contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C. Nonostante lo sviluppo delle rinnovabili - sottolinea Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente - “la corsa contro il tempo continua”: le emissioni globali andranno quasi dimezzate entro il 2030, puntando soprattutto sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili. Per questo, dice Albrizio, è fondamentale che alla Cop28 si riesca a “raggiungere un accordo ambizioso che preveda di triplicare la capacità installata di energia rinnovabile, raddoppiare l’efficienza energetica ed avviare da subito il phasing-out delle fossili”. Solo così “sarà possibile una drastica riduzione entro il 2030 dell’utilizzo di carbone, gas e petrolio, mantenendo ancora vivo l’obiettivo di contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C”.
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Il fondo della classifica e gli Stati con più emissioni inquinanti
Gli ultimi posti in classifica sono occupati dagli Stati esportatori (e utilizzatori) di combustibili fossili: Emirati Arabi Uniti (65), Iran (66) e Arabia Saudita (67). La Cina, a cui spetta il primato negativo di maggiore responsabile delle emissioni globali, rimane stabile al 51esimo posto, come lo scorso anno. Nonostante il grande sviluppo delle rinnovabili ed il miglioramento dell’efficienza energetica, le emissioni cinesi continuano infatti a crescere per il forte ricorso al carbone. Gli Stati Uniti, secondo emettitore globale, si posizionano invece al 57esimo posto. Rispetto al 2022 hanno perso cinque pozioni, in primis per l’ancora scarsa attuazione delle misure previste dall’Inflation Reduction Act, che destina un considerevole sostegno finanziario per l’azione climatica.
I Paesi del G20
Solamente tre Paesi membri del G20, India e Germania (14) insieme all’Unione Europea (16), si trovano nella parte alta della classifica. La maggior parte dei Paesi del G20 sta invece nella parte bassa. Canada (62), Russia (63), Sud Corea (64) e Arabia Saudita (67°) sono i Paesi del G20 di cui si segnalano le peggiori performance climatiche.
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Legambiente: “Serve una drastica inversione di rotta”
“Serve una drastica inversione di rotta”, sottolinea il presidente di Legambiente Stefano Ciafani. Cambiare è possibile: “L’Italia – continua - può colmare l’attuale ritardo e centrare l’obiettivo climatico del 65%, in coerenza con l’obiettivo di 1.5°C, grazie soprattutto al contributo dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. Secondo il Paris Compatible Scenario elaborato da Climate Analytics, il nostro Paese è in grado di ridurre le sue emissioni climalteranti di almeno il 65% grazie al 63% di rinnovabili nel mix energetico ed al 91% nel mix elettrico entro il 2030. E così arrivare nel 2035 al 100% di rinnovabili nel settore elettrico, confermando l’uscita dal carbone entro il 2025 e prevedendo quella dal gas fossile entro il 2035. In questo modo sarà possibile raggiungere la neutralità climatica già nel 2040”.