Giornata mondiale dell'acqua, il 38% di risaie e campi a rischio

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Greenpeace, elaborando i dati dall'Osservatorio Siccità del CNR-IBE, lancia l'allarme: in Italia il 38% delle risaie e delle colture irrigue è affetto da siccità estrema

Tutto il distretto del Po, dove si trova buona parte della superficie irrigata italiana, è stato di severità idrica media da diversi mesi, mettendo a rischio  riso, mais e altre colture. È questa la drammatica situazione che Greenpeace ha voluto evidenziare, presentando un programma con otto proposte per contrastare la siccità rivolte al governo Meloni, che questo pomeriggio riunirà una cabina di regia sul tema a Palazzo Chigi. Già a marzo infatti anche le acque superficiali, risorsa fondamentale per l'irrigazione, sono in estrema sofferenza. Tutti i grandi laghi del Bacino del Po sono vicini ai minimi storici registrati negli ultimi ottant’anni e i principali invasi artificiali del bacino Padano mostrano un volume di riempimento pari a un quinto della capienza. Oltre alle scarse piogge, soprattutto al Nord, hanno contribuito a questa situazione il caldo e la scarsità di neve in montagna.

Dati Greenpeace sulla siccità in Italia

"L'aumento di fenomeni naturali estremi legata ai cambiamenti climatici"

“Se non vi sarà un’inversione di tendenza saranno fortemente colpite anche tutte le coltivazioni orticole estive, come insalata o pomodori”, spiega Ramona Magno, coordinatrice scientifica dell'Osservatorio Siccità del CNR-IBE. “Probabilmente si dovranno ripensare alcune tipologie di colture o usarne varietà che siano più resistenti a periodi di siccità. Turnazioni irrigue molto più rigorose potrebbero diventare la norma. Si potrebbe arrivare anche a razionamenti di acqua per uso idropotabile in diversi comuni”. Quel che evidenziano i dati è che sta cambiando la frequenza e l'intensità di questi fenomeni estremi, un trend ascendente la cui velocità è inasprita e legata a doppio filo con i cambiamenti climatici. Greenpeace quindi sottolinea come per fronteggiare la siccità è dunque necessario adottare da subito politiche ambiziose per liberarci dalla dipendenza da petrolio, gas e carbone e ridurre le emissioni dei gas serra. Ma allo stesso modo è necessario cambiare profondamente il nostro sistema agricolo, modificando anche la superficie dedicata alle colture che richiedono più acqua.

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Le proposte di Greenpeace

“Per ridurre i consumi idrici in agricoltura non bastano le soluzioni tecnologiche, ma è necessario agire in un’ottica di maggiore efficienza alimentare, anche attraverso la riduzione di produzioni e relativi consumi che comportano un maggior utilizzo di acqua, come quelle zootecniche e la relativa filiera mangimistica”, commenta Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. In questo senso vanno le otto proposte dell'organizzazione al governo che consistono in: velocizzare il processo di decarbonizzazione dell’Italia, riducendo e poi azzerando le emissioni climalteranti, attraverso un aggiornamento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) con obiettivi in linea con l’Accordo di Parigi sul clima e la posizione dell’Unione Europea. Smettere di investire sulle fonti fossili e le relative infrastrutture, abbandonando al più presto lo sfruttamento di petrolio, gas e carbone e puntando su energia rinnovabile ed efficienza energetica. Ridurre a monte i consumi idrici in agricoltura, rendendo prioritario l’uso di terreni e acqua per la produzione di alimenti destinati al consumo umano diretto anziché alla filiera mangimistica o alla produzione di biocarburanti. Ridurre a monte la domanda mangimistica, riducendo gradualmente il numero degli animali allevati e adottando misure per incoraggiare l’adozione di diete a base principalmente vegetale. Adottare misure per incoraggiare l'utilizzo di tecniche agroecologiche che migliorino la salute dei suoli, inclusa la capacità di trattenere l’umidità. Ridurre drasticamente il consumo di suolo e la cementificazione, incrementando le superfici di boschi e aree naturali. Pianificare l’eventuale costruzione di nuovi invasi e laghetti in base ai dati di riempimento storici degli invasi esistenti e agli scenari meteo-climatici futuri, evitando opere dannose oltre che inefficaci. Adottare un grande piano di ristrutturazione della rete idrica e di messa in sicurezza idrogeologica, aumentando le risorse dedicate nel PNRR, anche con il contributo degli enti gestori del servizio idrico integrato.

 

 

 

 

 

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