Rifiuti sulle spiagge, verso un piano per il riciclo della plastica

Ambiente
La maggior parte della plastica presente sulle coste italiane è riciclabile (Getty)

Presentato alla manifestazione Ecomondo di Rimini uno studio frutto della collaborazione tra istituti di ricerca, associazioni e imprese sui rifiuti più presenti sulle coste. Con l'obiettivo di arrivare al recupero e al riciclo dei materiali.UN MARE DA SALVARE: SPECIALE

Cotton fioc, frammenti, oggetti e imballaggi sanitari, pellet, tappi e cannucce. Sono questi i rifiuti più presenti sulle nostre spiagge. La loro presenza è dovuta principalmente ad abitudini errate da parte di consumatori e imprese. Eppure questo tipo di rifiuto potrebbe essere avviato a riciclo, con vantaggi sia economici che ambientali. È quanto emerge dalle indagini sul beach litter (letteralmente spazzatura in spiaggia) promosse dall'Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo con Legambiente ed Enea. Lo studio è stato presentato ad Ecomondo, a Rimini, in occasione della ventunesima fiera internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile.

Un piano di riciclo e la rieducazione di imprese e cittadini

Si tratta di una prima importante collaborazione tra istituti di ricerca, associazioni e imprese sulla caratterizzazione del beach litter. Lo scopo è quello di sviluppare un piano di riciclo per questi materiali e capire come sensibilizzare consumatori e imprese a porre una maggiore attenzione nella loro gestione quotidiana dei rifiuti. La base di partenza è l’eliminazione di abitudini errate: dai cotton fioc gettati nel wc ai rifiuti lasciati direttamente sull'arenile, ai pellet di plastica per la pre-produzione industriale abbandonati. I campionamenti sono stati svolti dai tecnici di Goletta Verde di Legambiente in due spiagge del litorale tirrenico: la spiaggia di Coccia di Morto in provincia di Roma e la spiaggia della Feniglia in provincia di Grosseto. Sul totale dei rifiuti presenti, la percentuale di plastica è in entrambi i casi superiore al 90% (leggermente più alta della media nazionale, che è dell'80%, secondo i dati delle indagini sulla beach litter eseguite da Legambiente nella altre spiagge italiane). 

Spiagge diverse, stessi rifiuti

I campioni raccolti rispecchiano le specificità delle due spiagge, che hanno caratteristiche differenti per tipologia, flusso di bagnanti, vicinanza ad insediamenti urbani e industriali, facilità di accesso. Nonostante ciò, gli oggetti più presenti sono gli stessi rinvenuti nel resto delle coste italiane, come i cotton fioc e i frammenti, residui di materiali degradati dagli agenti atmosferici, non più identificabili. Il Polipropilene e il Polietilene sono i polimeri plastici maggiormente presenti in entrambe le spiagge ed insieme costituiscono rispettivamente il 79% (Coccia di morto) e il 66% (Feniglia) del totale.

"Promuovere una campagna di raccolta del beach litter"

"Lo studio rappresenta solo il primo passo per affrontare il problema del beach litter - dichiara Angelo Bonsignori, presidente dell'Ippr e direttore generale della Federazione Gomma-Plastica - Abbiamo recentemente costituito il "Tavolo permanente per il riciclo di qualità" per analizzare, anche attraverso il coinvolgimento delle aziende di riciclo, la concreta fattibilità di recupero dei materiali presenti sulle nostre spiagge. Intendiamo - aggiunge - promuovere una prima campagna di raccolta del beach litter in alcuni Comuni costieri in accordo con le amministrazioni e studiare la realizzazione di un impianto pilota per il riciclo di questi materiali".

"Non va demonizzata la plastica"

"Quelli che erano i punti di forza delle plastiche - ovvero leggerezza, durabilità e costi contenuti - oggi rappresentano il limite di questi materiali che permangono nell'ambiente per decenni prima che si degradino". A parlare è Loris Pietrelli, ricercatore dell'Enea. "Comunque - insiste - è importante ricordare che non si può demonizzare la plastica, perché con questo termine si identificano centinaia di materiali polimerici con caratteristiche molto diverse, di cui non possiamo più fare a meno".

"I dati dicono che questi rifiuti possono essere riciclati"

"Questo studio - dichiara Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente - rappresenta una prima importante collaborazione tra istituti di ricerca, associazioni e imprese per affrontare il problema del marine litter. Un fenomeno che sta assumendo proporzioni sempre più allarmanti come ha dimostrato anche la Conferenza mondiale sugli Oceani organizzata dall'Unione Europea a Malta a cui abbiamo partecipato, raccontando la nostra esperienza di monitoraggi  scientifici considerata come una delle esperienze più avanzate al mondo della citizen science. Purtroppo - conclude Ciafani - la cattiva gestione dei rifiuti e l'abbandono consapevole restano le principali cause del fenomeno. Tra l’altro, i dati evidenziano come buona parte di questi rifiuti potrebbero essere riciclati".

Arrivano i primi risultati

Il direttore generale di Legambiente ha poi confermato che i risultati, sebbene preliminari, mostrano dati incoraggianti circa la qualità della miscela ottenuto mescolando i rifiuti spiaggiati. Si tratta di "una novità assoluta che dimostra come sia fondamentale sia prevenire il problema attuando campagne di sensibilizzazione, sia lavorando sull'innovazione di processo e di prodotto e sull'avvio di  una filiera virtuosa del riciclo".

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