Voto di fiducia: una lotta all'ultima parola

Politica
Le parole più usate in Parlamento negli ultimi sedici anni di sfide politiche
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Bossi contro Berlusconi nel 1994, Bertinotti contro Prodi nel 1998, Prodi contro tutti nel 2008. Quella italiana è una storia politica articolata su grandi scontri verbali. Scopri quali sono le parole più usate in 16 anni di scontri

LE TAG CLOUD DI 16 ANNI DI SCONTRI PARLAMENTARI

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di David Saltuari

Le parole sono importanti. E lo sono in modo particolare nelle grandi sfide politiche che si consumano in Parlamento, quando i discorsi volano tra alleati o ex alleati come coltelli affilati. Per dimostrarlo abbiamo scelto tre momenti storici precisi, tre volte in cui il destino del paese è stato segnato da una sfida parlamentare e abbiamo analizzato, attraverso l'uso delle Tag Cloud, quali sono state le parole più usate dai leader. Dal 1994 quando Umberto Bossi tolse la fiducia a Silvio Berlusconi, passando per lo scontro tra Prodi e Bertinotti del 1998, fino alla resa, al Senato, del secondo governo del Professore di Bologna. Cinque discorsi, presi dalle trascrizioni stenografiche del parlamento e analizzate parola per parola nella nostra fotogallery (clicca qui).

Il primo scontro avviene  il 22 dicembre del 1994, quando Silvio Berlusconi si trovò costretto in aula a difendere il proprio governo dal voto di sfiducia dell'ex alleato della Lega Nord. Il premier allora attaccò a testa bassa il Senatur, arrivando ad accusarlo di avere una "doppia, tripla e forse anche quadrupla personalità". Come oggi il Cavaliere si appellava al "popolo" e agli "elettori" (le parole più usate in quel discorso), chiedendo un immediato ritorno alle urne. Un momento difficile per Berlusconi, evidenziato forse dall'uso sopra le righe, del termine "solo", a sottolineare come doveva sentirsi in quel momento.

Di fronte a lui un Umberto Bossi infuocato che non esitava a definire  Alleanza Nazionale una "frangia fascista missina". Nella sua dichiarazione di voto una parola si staglia sopra tutte: Lega. Senza ombra di dubbio, a parlare è il leader di un movimento identitario. (vedi la fotogallery)

Passano gli anni, cambiano le maggioranze, e l'aula di Montecitorio vede sfidarsi, uno di fronte all'altro Romano Prodi e Fausto Bertinotti. Il Professore, nel suo discorso, elenca i meriti del suo governo e poi, rivolgendosi al segretario di Rifondazione Comunista, chiede, quasi implora, di non porre fine all'esperienza di governo. Molto usate le parole "paese" e i termini "oggi" e "anni", quasi a voler aprire e richiudere in uno spazio temporale la proiezione di un progetto politico.

Ma non è dello stesso avviso Fausto Bertinotti. Nel suo, relativamente breve, discorso, accusa il governo di non aver voluto venire incontro alle esigenze della classe lavoratrice. La parola più frequente nel suo discorso è "chiesto", sintomo di un rapporto non soddisfatto. Lavoratori, disoccupazione e finanziaria sono il trittico su cui Rifondazione articola la propria le richieste che non sono state accolte, togliendo la fiducia a Prodi.(vedi la fotogallery)

Da lì in poi si torna alle crisi consumate all'interno dei Palazzi. Passano i D'Alema e gli Amato, torna Berlusconi, ma bisogna aspettare fino al 2008 per vedere nuovamente uno showdown parlamentare di rara drammaticità. Sul banco del governo siede nuovamente Romano Prodi, ma questa volta l'avversario è più sfuggente. Clemente Mastella si è da poco dimesso da Ministro della Giustizia dando il via a quella crisi che porterà alla caduta dell'esecutivo. Eppure, il Professore, nel suo discorso al Senato, non si trova di fronte un avversario specifico, quanto il lento disfarsi di una maggioranza nata debole. A fianco di "governo", le parole più usate sono "prassi", "politica" e "può darsi", elementi di un discorso che cerca più di arrampicarsi sulle possibilità offerte da un regolamento che chiedere la fiducia per il futuro.(vedi la fotogallery)


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