Regno Unito, May sempre più isolata. Osborne: "Morta che cammina"
MondoLa leader dei conservatori vara il suo nuovo governo. Rimangono tutti al loro posto i ministri chiave pro-Brexit. Ma i sondaggi la vedono in caduta, cresce invece la popolarità di Corbyn. E anche all'interno dei tories starebbero salendo le quotazioni di Johnson
Theresa May tira dritto e vara il suo nuovo governo con la risicata maggioranza garantita dall'accordo – ancora tutto da scrivere – con il partito nordirlandese Dup. Tuttavia per la stampa britannica sarebbe “una premier a tempo”, o addirittura “una morta che cammina”, come ha dichiarato George Osborne, conservatore ed ex ministro delle Finanze ai tempi di Cameron. Di sicuro la Brexit sarà uno dei nodi centrali che si troverà ad affrontare il nuovo governo, nominato dalla May l'11 giugno e che ora si dovrà sottoporre alla fiducia del Parlamento. Dove la maggioranza conservatori-Dup è davvero risicata: 328 seggi, appena due sopra i 326 necessari per avere il sostegno della Camera dei Comuni.
Il nuovo governo
La May ha scelto come suo braccio destro Damian Green, ex ministro del Lavoro e nuovo first secretary of State (una sorta di vicepremier). A sorpresa, ripesca Michael Gove per l'Ambiente, tra i più accesi fautori della Brexit. Si tratta, tuttavia, di un rimpasto limitato: restano al loro posto anche il titolare al Commercio internazionale Liam Fox, tra i fautori della “hard Brexit” assieme a Boris Johnson – che rimane ministro degli Esteri – e David Davids, ministro per l'Uscita dall'Ue. Così come restano i ministri alla Sanità Jeremy Hunt e quello delle Comunità locali Sajid Javid. Mentre perde la sua poltrona alla Giustizia Liz Truss, “degradata” a vice ministro del Tesoro e sostituita da David Lidington.
"Hard Brexit" o "soft Brexit"?
Eppure, nonostante questa apparente prevalenza dei “falchi” della Brexit – rafforzata anche dalla promozione di Andrea Leadsom a capogruppo dei conservatori alla Camera dei Comuni – secondo la stampa britannica dietro il nuovo esecutivo potrebbe nascondersi una “soft Brexit”. Sia "Sky News" che il “Times” notano infatti anche la presenza di esponenti più moderati, a cominciare da Damian Green. Secondo il “Telegraph”, invece, la linea della “hard Brexit” ne riuscirebbe rafforzata, soprattutto grazie alla presenza di Gove. Tuttavia, la leadership di Theresa May sarebbe fortemente in discussione all'interno del partito conservatore, e già un imminente incontro con i dirigenti dei tories potrebbe far venire a galla le tensioni. Il ministro degli Esteri Boris Johnson nega le sue mire per succedere alla May, ma già cinque ministri si sarebbero rivolti a lui per un cambio di leadership.
Corbyn scalda i motori
Secondo una rilevazione di YouGov (uno dei pochi istituti ad aver previsto l'”hung Parliament”) e una di Survation, rispettivamente il 48% e il 49% del campione vorrebbe la May fuori da Downing Street. Sarebbe in crescita invece a la popolarità del leader laburista Jeremy Corbyn, il cui indice di gradimento al 39% avrebbe raggiunto quello della May. In un'intervista, Corbyn ha dichiarato di essere pronto a invitare gli altri partiti all'opposizione a votare contro il nuovo Governo May e ad approvare invece un “emendamento sostanziale” al discorso della Regina (scritto in realtà dal primo ministro in pectore) in cui, tra i punti del programma alternativo, compaia una “soft Brexit”. Eliminando il progetto conservatore del Great repeal bill, la legge destinata a sottrarre il Regno Unito alla giurisdizione europea, e invece negoziare con Bruxelles un accesso senza tariffe al mercato europeo.
Proseguono i colloqui con il Dup
L'accordo con i Nordirlandesi del Dup, intanto, sarebbe ancora tutto da formalizzare, nonostante il raggiungimento di un'intesa di massima: i colloqui proseguono, e intanto il ministro della Difesa Michael Fallon mette le mani avanti dicendo che l'intesa sarà solo sui “grandi argomenti” perché ci sono molte differenze fra i due partiti, in particolare su aborto e matrimoni gay. Ma il Dup è anche favorevole a una spesa sociale più elevata e a una “soft Brexit”.
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